Ogni anno sono decine gli episodi di sottrazione di minori da parte di uno dei genitori. E sono le madri a farlo di più.
LOSANNA - In aumento costante da almeno dieci anni: sono i rapimenti dei figli (l'ultimo episodio solo una decina di giorni fa a Thônex). I dati dell'Ufficio federale di giustizia non lasciano adito a dubbi: ogni anno sono decine gli episodi di sottrazione di minori da parte di uno dei genitori.
Ma su chi sia dei due a commettere con più frequenza il reato, è la stessa indagine a dirlo: sono le madri.
In Svizzera nel 2021 sono state ben 68 le richieste di restituzione di bambini inviate a Stati cofirmatari della Convenzione dell'Aia (una convenzione che prevede una procedura rapida di rimpatrio).
«La crescente mobilità porta sempre di più alla fondazione di famiglie tra persone di Paesi diversi e in caso di conflitti familiari e divorzi, spesso le persone desiderano tornare nel loro Paese d'origine e portare con sé i figli comuni», ha dichiarato a Le Matin Ingrid Ryser, portavoce dell'UFG.
E le rilevazioni effettuate dall'UFG rilevano che «sono le madri a partire con i figli nel 75% dei casi». Dato che fa il paio con quanto dichiarato dalla polizia vodese: «sette degli undici accusati di aver rapito minori nel 2021 erano donne».
«Spesso è la madre a prendersi cura del bambino dopo la separazione e nella gran parte dei casi torna nel suo Paese, dove il più delle volte ha una rete familiare che la sostiene» ha aggiunto sempre Ingrid Ryser al quotidiano losannese.
Però vi è un punto delicato - come sostengono molte associazioni che operano in questo ambito - che la questione solleva: quello della violenza. All'origine di questi allontanamenti forzati - la giustificazione più ricorrente addotta - vi sarebbe «il desiderio di proteggere i proprio figli da abusi o violenze».
Ma quali strumenti anche legislativi vigono in materia? «Quando un bambino viene portato all'estero, il genitore che rimane in Svizzera può rivolgersi al Servizio sociale internazionale (SSI), parallelamente al procedimento giudiziario - spiega la responsabile operativa Élodie Antony.
Presente in 120 Paesi, effettua ricerche soprattutto quando lo Stato interessato non è membro della Convenzione dell'Aia. «In questo caso, abbiamo un approccio basato sulla mediazione per stabilire un contatto con il genitore rapitore», spiega Élodie Antony, responsabile operativa dell'ISS.
Questo è il loro unico metodo d'intervento, «poiché non esiste un modo legale diretto per richiedere una restituzione». La mission dell'organizzazione è quello di ristabilire il legame tra il bambino e la sua famiglia in Svizzera, «in modo che la famiglia possa ottenere notizie». Il passo successivo è quello di trovare un accordo «che possa consentire il ritorno del bambino, nei casi più favorevoli».
Il Libano, l'Algeria e l'Iraq sono alcuni dei Paesi non aderenti al trattato in cui l'ISS è più attivo. Per prevenire i rapimenti, l'associazione ScopalE di Ginevra cerca di fare prevenzione, convocando i genitori «in modo che possano comprendere meglio i significati di una separazione», ha affermato la co-presidente Camille Maulini.
«Ci possono essere tensioni, ma le esigenze del bambino devono essere messe al centro fin dall'inizio. In caso contrario, possono essere necessari anni per superare il trauma del conflitto profondo dei genitori, come può accadere per un rapimento».