A tu per tu con Børge Brende, presidente del WEF, che smonta le teorie complottiste: «Lavoriamo per rendere il mondo un posto migliore».
DAVOS - Il Forum economico mondiale (WEF) non è una sorta di governo mondiale, al di sopra delle nazioni e delle loro strutture democratiche, come taluni sembrano temere: lo afferma Børge Brende, dal 2017 presidente del WEF, fondazione che da oggi organizza la sua tradizionale conferenza annuale a Davos.
In un'intervista pubblicata oggi dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ), l'ex ministro dell'ambiente (2001-2004), del commercio (2004-2005) e degli affari esteri (2013-2017) in Norvegia afferma di non apprezzare la definizione di «uomo di Davos»: a suo avviso questa espressione non «riflette lo spirito di Davos». L'obiettivo del WEF è di riunire nella località grigionese molto persone importanti per rendere il mondo migliore.
«Non saremo certo noi a governare il mondo», sostiene il 57enne interpellato riguardo a teorie complottiste. «Si tratta di far sì che i governi e le imprese lavorino meglio insieme e compiano progressi che altrimenti non sarebbero possibili».
A suo avviso occorre trovare un modo per gestire meglio i social media. «Quando ero giovane e leggevamo i giornali norvegesi, un redattore era responsabile dei contenuti. Se qualcosa non andava bene, non veniva stampato. Oggi bisogna insegnare ai giovani che molti dei nuovi media sono manipolati o controllati da troll. È facile ed economico diffondere un sacco di spazzatura e bugie. La democrazia deve essere in grado di sopravvivere alle reti sociali».
Brende constata che la critica al WEF è cambiata nel corso degli anni. «Vent'anni or sono il forum veniva osteggiato dalla sinistra e dal movimento anti-globalizzazione. Ci sono state manifestazioni a Davos, siamo stati visti come il manifesto malvagio della globalizzazione. Ora i gruppi di destra dicono che siamo la quintessenza dell'economia woke perché abbiamo osato dire che le aziende non dovrebbero preoccuparsi solo dei soldi, ma anche un po' dell'ambiente, dei loro dipendenti e della società nel suo complesso. Se veniamo criticati da entrambi i poli estremi, forse è un buon segno».
«La nuova versione della globalizzazione consente una crescita inclusiva», si dice convinto Brende. «Contribuisce a sradicare la povertà nelle economie emergenti e consente ai paesi sviluppati di risalire la catena del valore. La globalizzazione è il modo migliore per aumentare la produttività e creare posti di lavoro interessanti», prosegue l'intervistato.
«Ma questa crescita deve avvenire nel rispetto dell'ambiente. Riteniamo che entro il 2030 il 30% della superficie terrestre debba essere sottoposto a tutela ambientale», conclude il presidente del WEF, personalità da non confondere con Klaus Schwab, presidente esecutivo della fondazione da lui stessa creata nel 1971.