Aumentano i casi di incapacità lavorativa per motivi psicologici. L’esperto: «I conflitti potrebbero essere però risolti col dialogo».
BERNA - Gli esempi sono diversi. Alla Nestlé, una manager ha inviato la richiesta, a soli 55 anni, di ricevere la pensione d’invalidità. Il motivo? A suo dire, l’essere stata screditata e sminuita per anni sul posto di lavoro.
Alla Croce rossa Svizzera, è in corso una lotta di potere: prima di Natale, è stato licenziato il direttore. Invece, al TagesAnzeiger si respira un clima intriso di sessismo e abuso di potere, stando almeno alle parole espresse pubblicamente da un ex dipendente.
I casi sono stati riportati dalla NZZ. Il giornale si chiede se siano episodi isolati oppure se, nel mondo del lavoro, si stia diffondendo una cultura tossica, con gravi conseguenze economiche e sociali.
«Insieme alla mia carriera - ha spiegato l’ex dirigente Nestlé alla SRF - ho perso la mia salute e la mia serenità». La persona ha condotto una battaglia legale lunga anni, conclusa con una sentenza favorevole della Corte di Vaud: dovrà ricevere, dall’azienda, un risarcimento di due milioni di franchi.
Roger Hischier, responsabile della sezione di diritto del lavoro dell'Ordine degli avvocati di Zurigo, parla di una crescente brutalizzazione e conferma che, in generale, il clima sui posti di lavoro è diventato più duro. «Al momento - spiega - sto rappresentando cinque o sei clienti che, per qualche motivo, non andavano bene ai superiori e che sono stati licenziati da un giorno all'altro». I problemi sono trasversali e colpiscono tutti, sia chi lavora in un’officina meccanica sia i dirigenti di banca. «Molte persone - continua - si sentono mancare la terra sotto i piedi quando subiscono situazioni di questo tipo».
Al contempo, sembra un paradosso, le controversie legali dovute al mobbing sono in diminuzione. I motivi sono duplici: da una parte, è un fenomeno difficile da dimostrare. Dall’altra parte, l’esubero arriva prima che il conflitto diventi un abuso continuato nel tempo.
Mancano dati nazionali ma, secondo la NZZ, in Svizzera l’incapacità lavorativa per motivi psicologici è in costante aumento da anni.
«Oggi si affronta la questione in modo diverso - commenta Niklas Baer, psicologo e direttore di Workmed - c’è maggiore sensibilità e se ne parla di più, anche in maniera pubblica. Le persone colpite cercano più rapidamente un aiuto professionale e di conseguenza si mettono più spesso in malattia».
D’altra parte, però, la gestione dei conflitti viene sempre più patologizzata. Cioè, l’aumento dei casi di malattia testimonia anche la scarsa capacità, da parte dei soggetti coinvolti, di gestire le situazioni. «Spesso i conflitti potrebbero essere risolti se datori di lavoro e dipendenti cercassero il dialogo in una fase iniziale», afferma lo psicologo. Ma è necessario un ripensamento anche da parte dei medici, che dovrebbero aiutare sempre di più i loro pazienti a chiarire le situazioni lavorative difficili, invece di limitarsi ad alleviarle passivamente.
Le aziende stanno diventando più consapevoli e investono nella prevenzione per migliorare la salute mentale dei propri dipendenti, ad esempio formando i propri manager e tenendo corsi sull'individuazione precoce dei problemi: insomma, si cambia approccio, anche perché i danni economici (anche in termini di assenze dal posto di lavoro) indifferenti.