L'imprenditore Thomas Bockhold ha riesportato i veicoli blindati con l'approvazione di Berlino ma non di Berna.
BERNA / BERLINO - Ne avevano parlato un paio di settimane fa i media svizzeri. Diversi veicoli blindati da ricognizione prodotti da un'azienda di Kreuzlingen erano stati avvistati vicino alla linea del fronte nell'Ucraina Orientale. E lì si era alzato un polverone. La Segreteria di Stato dell'economia (Seco) aveva dichiarato che: «Sarebbero stati fatti i necessari accertamenti» in merito al divieto di riesportazione di materiale bellico svizzero da parte di Paesi terzi. Ora si viene a sapere che l'azienda tedesca alla quale erano stati ceduti i veicoli blindati li avrebbe riesportati con il consenso delle autorità tedesche, senza l'approvazione di Berna. Lo riporta la NZZ.
L'imprenditore tedesco Thomas Bockhold ha dichiarato di avere riesportato i veicoli blindati «in accordo con Berlino». Bockhold sarebbe in possesso di un permesso di riesportazione firmato dalle autorità tedesche e «non avrebbe violato la legge», ha detto alla NZZ. L'imprenditore 64enne si è difeso dicendo che i veicoli erano stati «demilitarizzati» prima di essere riesportati verso l'Ucraina. Effettivamente, il governo tedesco fornisce dei "certificati di demilitarizzazione" per il materiale bellico reso "inoffensivo". E a quanto pare, l'imprenditore sarebbe in possesso anche di tale certificato.
Ma la Svizzera non riconosce la pratica. Nonostante i veicoli siano stati smilitarizzati, essì «sono ancora considerati materiale bellico», ha dichiarato la Seco. Al momento, sia le autorità svizzere che quelle tedesche si stanno trattenendo dal fornire ulteriori informazioni. La situazione è già particolarmente esplosiva a causa del divieto di riesportazione delle munizioni dei Leopard da parte della Svizzera. L'affare Eagle I rischia di esacerbare ulteriormente le relazioni tra Berna e Berlino.