Un recente sondaggio fotografa una situazione allarmante nel mercato del lavoro in Svizzera. L’opinione dell’esperto.
ZURIGO - Prima sopraggiunge la stanchezza, poi si somma lo stress e infine l'equazione è completata dal burnout. Il campanello d'allarme, ormai suonato più di una volta negli ultimi anni, giunge da un sondaggio condotto dall’istituto di ricerca Sotomo per lo studio sulla salute 2024 della CSS. I dati lasciano poco spazio all’interpretazione: il 68% degli intervistati si sente spesso esausto o stanco. E circa il 75% accusa il peso della responsabilità di produrre sempre al massimo delle capacità.
Niente di nuovo, purtroppo - Una fotografia che non sorprende la psichiatra Barbara Hochstrasser, specialista in burnout ed esaurimento a lungo termine. Dall'inizio del nuovo millennio diversi studi hanno dimostrato che il numero di persone che si sentono sfinite o stressate cronicamente è in costante aumento. La Svizzera non fa eccezione. Ma facciamo un po’ di chiarezza. Come viene misurato lo stress? «Si usa un modello chiamato indice di stress lavorativo. Si analizza il livello di stress di una persona sul posto di lavoro e lo si paragona alla quantità di “risorse” necessarie per compiere le mansioni che richiede l'incarico», spiega la psichiatra al Tages-Anzeiger. In concreto, «chi dispone di tante energie e potenzialità, in aggiunta a un sostegno costante da parte dei superiori, riesce ad assorbire anche alte quantità di stress».
La partita insomma si gioca sull’equilibrio. «Negli ultimi anni notiamo però che in molte occasioni questo bilanciamento si è rotto: le risorse tendono a diminuire e le responsabilità ad aumentare. Una situazione che si somma con l’aumento dell’esaurimento, sia nel mondo del lavoro che nell’intero ambiente di vita».
Le colpe della digitalizzazione - Le ragioni sono molteplici. Hochstrasser individua però nella digitalizzazione una delle cause principali. «Il lavoro non è aumentato, ma piuttosto è diminuita la distanza. In una giornata vengono programmati tutta una serie di impegni, anche in ambiti diversi, che in passato avrebbero richiesto magari lunghi spostamenti e un tempo maggiore».
Le fasce più giovani della popolazione sembrerebbero, secondo il sondaggio citato, più colpite dal fenomeno. Solo il 20% delle persone tra i 18 e i 36 anni si considera “molto sano”.
«Questa situazione è dovuta alla permacrisi, cioè alla continua incertezza sul futuro causata dalla crisi climatica, dalla pandemia, dalla guerra e dalle tante incognite sul mercato del lavoro».
Gli schermi non aiutano - E anche qui, secondo la psichiatra, la digitalizzazione ha le sue colpe. «I lavori che richiedono l’uso dei media digitali sono in forte aumento». Le conseguenze? «Passiamo ore davanti a uno schermo». Al tempo stesso sempre meno persone svolgono lavori manuali e fisici. «È molto più difficile mantenere l'equilibrio tra attivazione e rilassamento: lo schermo richiede una concentrazione costante. La luce dei dispositivi causa insonnia, mal di testa e non aiuta a dormire né a recuperare in modo ottimale».
La domanda sorge però spontanea. Come rendersi conto che il burnout è dietro l’angolo? «Quando si ricomincia la settimana e le energie sono già esaurite è un brutto segnale. Ci sono casi di persone che dopo le vacanze gettano la spugna e si licenziano. Questi momenti di recupero sono essenziali». Non bisogna insomma ignorare i segnali che il corpo ci manda.