Climate Change Performance Index: il nostro Paese ha perso dodici posizioni. A pesare «l'immobilismo nella politica climatica».
BERNA - La Svizzera sprofonda nella Climate change Performance Index (CCPI) (vedi box), classifica climatica pubblicata oggi a margine della COP29, che si tiene a Baku. Il nostro Paese ha infatti perso ben dodici posizioni in classifica, posizionandosi (solo) al 33esimo posto (su 63). Secondo Greenpeace e WWF, ciò è dovuto «all'immobilismo politico in questo ambito».
Cos'è il Climate Change Performance Index (CCPI) - Il CCPI è una classifica dei Paesi in base alle loro prestazioni nel campo della protezione del clima. Viene pubblicato annualmente dalla ONG German Watch, dal New Climate Institute e dal Climate Action Network e riguarda 63 Paesi e l'Unione Europea, che insieme sono responsabili di oltre il 90% delle emissioni globali di gas serra. Per il momento, il podio rimane vuoto. In effetti, nessuno dei Paesi presi in considerazione sta compiendo gli sforzi necessari per raggiungere l'obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Danimarca, Paesi Bassi e Regno Unito sono in cima alla lista, mentre Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Iran sono in fondo.
Con il 33° posto, la Confederazione evita per un soffio un punteggio complessivo «basso». Ottiene una posizione «media» per quanto riguarda le emissioni di gas a effetto serra e il consumo energetico.
Tuttavia, sul suo risultato pesano i ritardi nello sviluppo delle energie rinnovabili e, soprattutto, l'inadeguatezza della sua politica climatica. In quest'ultimo ambito, il Paese si colloca al 48° posto, con una valutazione «debole».
Per WWF e Greenpeace, questa posizione mediocre è dovuta essenzialmente alla riluttanza delle autorità federali ad attuare misure più ambiziose per attenuare il riscaldamento globale. Il rifiuto puro e semplice del verdetto della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) nel caso delle Anziane per il clima è una dimostrazione di questo atteggiamento, secondo le ong.
Dall'adozione dell'Accordo di Parigi nel 2015, che fissa l'obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, la Svizzera non si è impegnata abbastanza per ridurre le emissioni di carbonio entro il 2030. «La Confederazione - osservano ancora le due organizzazioni - dovrebbe raddoppiare gli sforzi di decarbonizzazione sul suo territorio».
L'anno prossimo, poi, entreranno in vigore diverse leggi e revisioni relative al clima. Il Consiglio federale avrebbe avuto la possibilità di migliorare la situazione attraverso delle ordinanze, ma si è rifiutato di farlo, continuano. Secondo Greenpeace, ad esempio, l'idea di orientare maggiormente il settore finanziario verso la protezione del clima rimane inascoltata.
«Nell'elaborazione della legge sul clima e della legge sul CO2, il Consiglio federale si è limitato a sfiorare il necessario, non rispettando né la volontà popolare né gli impegni internazionali», sottolinea Patrick Hofstetter, esperto di clima del WWF, citato in una nota. «L'attuale politica climatica della Svizzera è una sconfessione dell'obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi», aggiunge Georg Klinger di Greenpeace.