Da domani professori e studenti non vaccinati delle scuole post-obbligatorie hanno l'obbligo d'indossare la mascherina.
Secondo un'esperta di diritto sanitario si tratta «di una politica basata sulla volontà di proteggere la popolazione». Anche i vaccinati - precisa - possono benissimo indossare la mascherina».
SION - In Vallese, i professori e gli studenti non vaccinati delle scuole post obbligatorie da domani hanno l'obbligo d'indossare una mascherina in classe. Secondo Mélanie Levy, professoressa all'Istituto di diritto sanitario dell'Università di Neuchâtel, la misura non è discriminatoria e non viola il segreto medico.
I provvedimenti per contrastare il coronavirus in vigore nei licei, nelle scuole professionali e in altre scuole post obbligatorie vallesane con l'inizio del nuovo anno scolastico hanno suscitato delle critiche. A essere controversa è in particolare la distinzione tra vaccinati e non vaccinati, con questi ultimi che devono obbligatoriamente portare una mascherina.
«Dal punto di vista del diritto, non v'è una disparità di trattamento ingiustificata o una discriminazione», ha dichiarato Mélanie Levy all'agenzia Keystone-ATS. La decisione di liberare le persone vaccinate da taluni obblighi, nella fattispecie quello d'indossare una mascherina protettiva è «una misura giustificata e non discriminatoria», ha precisato.
A suo avviso, «si tratta di una politica sanitaria basata sulla volontà di proteggere la popolazione, in particolare le persone vulnerabili, senza contare che queste ultime possono pure, se lo auspicano, portare la mascherina». Inoltre, la misura è proporzionata poiché non impedisce a nessuno studente di venire in classe», ha aggiunto la professoressa di diritto sanitario che analizza i vari provvedimenti presi sin dall'inizio della pandemia dalla Confederazione e dai cantoni.
«Statuto vaccinale» - Il fatto che i professori e gli allievi debbano mostrare apertamente il loro «statuto vaccinale» sul volto tramite una mascherina non è piaciuto a tutti. Taluni vi hanno visto una violazione del segreto medico.
Su tale questione, Mélanie Levy ha una opinione più sfumata: «I dati concernenti la salute sono sensibili e la protezione dei diritti della personalità è importante». A suo avviso, tuttavia, «non v'è una violazione del segreto medico, poiché l'informazione sullo "statuto vaccinale" non è protetta in modo assoluto. Anche per entrare in una discoteca bisogna presentare un certificato Covid», ha aggiunto.
Stando alla professoressa, «la lotta contro la pandemia è una questione di salute pubblica che può giustificare la restrizione di taluni diritti individuali».