Stavano manifestando con Extinction Rebellion. In nessun caso è stata concessa loro una chiamata una volta in centrale
Due di loro sono minorenni e né i loro genitori né un tutore legale sono stati contattati dalla polizia per informarli su dove si trovassero
ZURIGO - In 80 in una cella. Senza aria e senza la possibilità di fare una chiamata. E c'è anche un minorenne che è stato costretto a togliersi le mutande. È quanto sarebbe successo a tre ticinesi che hanno manifestato con Extinction Rebellion a Zurigo negli scorsi giorni dopo essere stati arrestati dalla polizia.
Da lunedì il movimento ambientalista e non violento Extinction Rebellion sta bloccando le strade di Zurigo. Centinaia di persone hanno preso parte a delle manifestazioni dislocate nel centro città. Il loro obiettivo è dimostrare dissenso in quella che definiscono l'inazione che il governo svizzero sta avendo nei confronti della crisi climatica. Manifestano pacificamente, ma senza autorizzazione. E sono disposti anche a farsi arrestare.
Tre giovani ticinesi erano presenti alle manifestazioni. Hanno deliberatamente bloccato la strada con diversi gruppi e quando la polizia ha detto loro che avevano dieci minuti per andare via, sono rimasti, tutti di comune accordo. Le forze dell'ordine hanno quindi proceduto all'arresto e al controllo dei documenti d'identità dei partecipanti.
Ariele ha 17 anni e ha subito due arresti, sia lunedì che martedì. In entrambe le occasioni gli è stata scattata una foto. «Nonostante io sia minorenne, mi hanno chiuso in cella con i maggiorenni. Penso fossimo in 80 persone in appena 60 metri quadri». Il giovane è stato arrestato verso le due del pomeriggio all'incrocio tra Bahnhofstrasse e Uraniastrasse, luogo da cui è stato portato via di peso, in quanto stava esercitando opposizione passiva. Una volta in centrale gli è stato assegnato un numero. Verso le 18:30, dopo almeno quattro ore di detenzione, due poliziotti che non indossavano il numero identificativo lo hanno scortato in un altro edificio.
«Parlavano solo tedesco. Mi hanno detto che avrei dovuto dare le impronte digitali e mi sono rifiutato. Allora mi hanno preso di forza le braccia, ma ho tenuto i pugni». In un'altra stanza «mi hanno chiesto di togliere la maglietta» Una volta rimessa, gli è stato detto di togliere i pantaloni e infine le mutande. «Ho detto di no. Allora me le hanno tolte con la forza».
Secondo il Codice di procedura penale svizzero, il rilevamento segnaletico, ovvero delle impronte, deve essere «disposto con ordine scritto succintamente motivato». E in caso di rifiuto, decide il pubblico ministero». Nel caso dell’ispezione corporale si può essere perquisiti senza consenso «soltanto se si debba presumere che si possano rinvenire tracce del reato».
Solo dopo è arrivato un interprete. Una volta rilasciato, alla richiesta del ragazzo di avere i nomi completi con numero di matricola dei poliziotti, si è ritrovato davanti un muro. E anzi, è stato riportato dentro e, contrariamente all'inizio, non è stato fatto nessun verbale. Come racconta «l’interprete ha visto ciò che è successo». Il secondo giorno che è stato arrestato, si trovava all'inizio del ponte Rudolf Brun. È partito dalla centrale con una diffida da Zurigo fino al 16 ottobre. In nessun caso i suoi genitori o un tutore legale sono stati contattati dalla polizia.
Mia, anche lei minorenne di 17 anni, lunedì è stata portata via dalla polizia. È rimasta quattro ore in una cella con altre 40 donne. Ma anche qui, i maggiorenni erano mischiati ai minorenni. «Non circolava l'aria, non era corona-friendly insomma». Non è stato chiamato nessun tutore legale: «Ho detto più volte che avrebbero dovuto farlo, ma dicevano che non era vero. Mi hanno interrogata da sola. Hanno chiamato un interprete, ma sembrava tutto improvvisato. Mischiava con lo spagnolo e ho capito pochissimo di quello che mi diceva». Anche lei è partita con una diffida, di 24 ore però, e con l'accusa di coazione.
Alice, 19 anni, lunedì si trovava in Uraniastrasse ed è stata arrestata verso le 15. «A ognuno è stato scritto un numero sulla mano, io ero il 54. Eravamo in celle comuni, divisi tra maschi e femmine. Penso che la più giovane con me avesse 15 anni. Lo spazio era veramente piccolo. Eravamo almeno una cinquantina». Alla richiesta di fare una chiamata «il poliziotto ha semplicemente detto di no, senza dare spiegazioni». Poi le hanno fatto una foto con un cartellino che recava scritto il numero che le era stato assegnato, ma non è stato messo nulla a verbale. «Mi hanno chiesto se avessi qualcosa da dichiarare, ho detto di no, ed è finita lì». È stata rilasciata verso le 19:30 con l'interprete che le ha riferito che sarebbe stata accusata di coazione e manifestazione illegale, il tutto accompagnato da una diffida di 24 ore dalla città.