Secondo il consigliere nazionale, le dichiarazioni rilasciate dal diplomatico sono irritanti e specchio di una certa «ignoranza»
BERNA - Le dichiarazioni rilasciate alla Neue Zürcher Zeitung in edicola oggi dall'ambasciatore degli Stati Uniti a Berna, Scott Miller, sul ruolo della Svizzera nel conflitto ucraino sono irritanti poiché specchio di una certa «ignoranza» diffusa all'estero circa il sistema politico e costituzionale svizzero. È il parere a caldo espresso dal consigliere nazionale Marco Romano (Centro/TI) a Keystone-ATS secondo cui il diritto di proprietà e della libertà economica ancorato nella costituzione non può essere ignorato solo perché sei «un oligarca».
È senz'altro vero che la Svizzera è sotto pressione e che le parole dell'ambasciatore degli Stati Uniti hanno una risonanza importante, ha spiegato il deputato di Mendrisio. Ma ciò non significa che dobbiamo calpestare, come avviene magari altrove, i diritti di proprietà, per noi un valore essenziale.
Ad ogni modo, ha puntualizzato il consigliere nazionale, «sono il primo che si batte per il sequestro di beni frutto di attività illecite, come nel caso della criminalità organizzata, ma alla base c'è un reato riconosciuto come tale da un tribunale». «Ciò non significa però che se sei un cittadino italiano, allora ti devono sequestrare tutti i suoi patrimoni solo perché potresti essere in odore di mafia».
Su questo aspetto il Consiglio federale è stato chiaro, come anche sull'aspetto della neutralità, ha spiegato il deputato del Centro. A tale proposito, circa la neutralità il Consiglio federale, diversamente da altri Paesi, si è consultato col parlamento, ciò che dà maggiore legittimità alla sua posizione. Quanto alla trasparenza del settore bancario messa in dubbio dall'ambasciatore americano, non credo che gli Stati Uniti possano darci lezioni, ha puntualizzato Romano.
Scontento della SECO
Nell'intervista rilasciata al foglio zurighese, Scott Miller si è detto per esempio poco soddisfatto della Segreteria di Stato dell'economia (Seco) che si occupa di sorvegliare l'applicazione delle sanzioni alla Russia. Miller si è detto preoccupato per «alcuni commenti» fatti dalla direttrice Helene Budliger Artieda, «perché rimettono in discussione l'utilità delle sanzioni».
A suo avviso, le sanzioni sono forti solo quanto la volontà politica che le sostiene. «È soprattutto la stessa Seco che pensa di fare abbastanza», rileva, aggiungendo di sperare di poter «continuare a contare sulla Seco come partner».
Gli Stati Uniti avrebbero preso atto dei 7,75 miliardi di franchi di beni russi congelati in Svizzera, ha aggiunto il diplomatico. Ma «la Svizzera potrebbe bloccare altri 50-100 miliardi», secondo Miller, che chiede accordi internazionali di coordinamento.
Miller ha inoltre esortato Berna a prendere parte alla task force "Russian Elites, Proxies and Oligarchs". La Svizzera potrebbe così partecipare alla discussione su come confiscare questi fondi nel quadro del diritto internazionale e nazionale degli Stati interessati. Finora la Svizzera non ha mostrato alcuna disponibilità a partecipare alla task force. Secondo l'ambasciatore, i Paesi che non si impegnano nella confisca dei fondi russi dovrebbero aspettarsi pressioni.
Maggiore crisi dalla II guerra mondiale
Per quanto riguarda la discussione sulla fornitura di armi, Miller ritiene che la Svizzera si trova nella crisi più grave dalla Seconda guerra mondiale. «Si sta confrontando con il significato di neutralità. Noi la comprendiamo e la rispettiamo», afferma. Ma non si tratta di una costruzione statica. Per Miller, Berna non può definirsi neutrale e permettere che una o entrambe le parti usino le sue leggi a proprio vantaggio.
«Gli Stati Uniti e gran parte della comunità internazionale che sostengono l'Ucraina ritengono che il parlamento svizzero debba consentire la riesportazione il prima possibile», afferma ancora Miller. Se Berna avesse dato per scontato che il materiale bellico svizzero non sarebbe mai stato utilizzato nei conflitti, non avrebbe mai potuto fornire armi ad altri Paesi, conclude.