La mozione di Lorenzo Quadri al Consiglio federale in merito alla tassazione minima Ocse votata dal popolo lo scorso giugno.
BERNA - Mancano pochi giorni al nuovo anno e il consigliere nazionale, Lorenzo Quadri, invita Berna con una mozione a rallentare sull'entrata in vigore della tassazione minima Ocse. Almeno «fino a quando tutti gli altri Paesi firmatari non l'avranno applicata».
Nel testo, ripercorre le tappe che hanno portato a decidere per questa nuova tassazione. «Insieme a circa 140 altri Stati, la Svizzera ha aderito al progetto di riforma che prevede l’imposizione dell’utile dei grandi gruppi di imprese attivi a livello internazionale, che realizzano una cifra d’affari annua superiore ai 750 milioni di euro, con un’aliquota minima del 15%.
Il progetto sull’imposizione minima è stato lanciato, su iniziativa degli USA, dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) e dal Gruppo dei 20 Paesi industrializzati ed emergenti più importanti (G20). Esso comporta una grave lesione della sovranità fiscale dei singoli Stati, che è parte integrante della sovranità tout-court», scrive.
Il Consiglio federale intende introdurre l’imposizione minima nel 2024
Lo scorso giugno, il popolo ha approvato a larga maggioranza la proposta. «Argomento principale addotto a sostegno della tassazione minima – che ha portato all’accettazione popolare - era che essa sarebbe arrivata comunque; di conseguenza, se la Svizzera non si fosse adeguata, la differenza tra l’aliquota elvetica inferiore e quella minima sarebbe stata riscossa da altri Stati, con conseguenti perdite per il nostro erario», spiega.
«Tuttavia la situazione sul fronte della tassazione minima OCSE appare ora alquanto incerta. Al momento risulta infatti che una buona parte dei 140 Stati firmatari – a partire dagli USA, primi promotori - non saranno pronti (o disposti) ad applicare la tassazione minima nel 2024, e verosimilmente nemmeno nel 2025».
Per Quadri questo rappresenta un grande pericolo: «Se la Svizzera introducesse comunque l’aliquota minima prima che tutti gli Paesi firmatari l’abbiano fatto, danneggerebbe la propria piazza economica, esponendosi al rischio concreto di delocalizzazioni, perdendo gettito fiscale e posti di lavoro».
«La Svizzera - continua - deve finirla con l’assurdo atteggiamento da “prima della classe” nel sottomettersi a Diktat internazionali, lesivi della sua sovranità ed a torto ritenuti “ineluttabili”, che la danneggiano. Deve, semmai, essere l’ultima ad adeguarsi». E conclude: «L’affrettato smantellamento del segreto bancario dovrebbe pur aver insegnato qualcosa».