Nella valle assaltata dai turisti italiani, c'è chi si è rifugiato nella natura per «fuggire alla civiltà». Siamo andati a trovarli
BERZONA - La valle Verzasca non piace solo ai turisti italiani, attirati dai video su Youtube. Le "Maldive di Milano" sono da tempo meta di visitatori di ben altro tipo, che schivano le spiagge brulicanti di ombrelloni e non gradiscono il caos della civiltà. «Siamo venuti qui proprio per vivere lontano dalla folla, nella pace della natura» raccontano la signora e il signor Stucki, coppia di pensionati bernesi che da tre anni vive in un eremo selvaggio tra i boschi sopra Berzona. In realtà alle pendici dei Monti di Motti, secondo il Municipio di Vogorno, diversi nuclei familiari vivono inghiottiti dalla foresta: per scovarli, tio.ch/20minuti ha dovuto salire a piedi per un sentiero non segnalato, unica via d'accesso.
Selvaggi con l'e-commerce - I moderni eremiti non si nascondono, a dire il vero. All'imbocco del sentiero una catasta di bucalettere ne riporta i nomi: Staub, Stucki, Weber. T rasferitisi dalla Svizzera interna, non rinunciano ad alcune comodità: «Escono dal bosco una volta a settimana o anche meno, per fare la spesa» raccontano in paese. C'è persino chi fa acquisti online (la zona è coperta dalla rete di Salt) e si fa recapitare la merce alla soglia della foresta presso una vecchia (ma funzionante) teleferica. Al vicino grotto di Berzona «abbiamo l'abitudin e di conservare per loro i numeri dei quotidiani svizzero-tedeschi» spiega la gerente: «Passano regolarmente a ritirarli» anche se, concordano tutti, «incrociarli quaggiù è una rarità».
«Vacanza diversa» - In effetti la strada nel bosco non è breve. Dopo un'ora di cammino si raggiungono le prime abitazioni: cascine più o meno diroccate e costruzioni abusive, capanne di legno sugli alberi, piccoli orti. «Viviamo qui durante i mesi estivi, solo per le vacanze» racconta una coppia di svizzero tedeschi che abita un rustico ristrutturato. «Per noi è un luogo per una vacanza un po' diversa».
Scelte estreme - Ma c'è chi si spinge oltre. Più addentro nella foresta i coniugi Stucki vivono nove mesi all'anno tagliati fuori dal mondo. Si cibano di ortaggi coltivati in una serra artigianale, fanno il bagno all'aperto in una tinozza svedese. «Torniamo a Berna solo con la neve, d'inverno. La nostra idea, comunque, non è di vivere per sempre in queste condizioni. Qualche anno di ritorno alla natura, per provare» spiega il signor Stucki, ma aggiunge allusivo: «Altri però hanno fatto una scelta ancora più estrema».
Il leggendario Schaub - Stucki ci indirizza dunque verso un altro "vicino di casa" (che in realtà, scopriremo, abita a centinaia di metri di distanza). Il nome, Michael Schaub, è quasi leggendario a Berzona. Dicono che si cibi di bacche e ami tingersi il pizzetto di colori sgargianti. Ma la barba è semplicemente grigia quando - dopo aver smarrito il sentiero due volte - lo incontriamo sulla soglia di casa. A quasi 70 anni Schaub vive di lettura e poco altro. La sua capanna - un tradizionale "graa" ampliato e ristrutturato - è strapiena di libri e ritagli di giornali appesi ai muri. «Prima avevo qualche animale, ora sono stanco anche solo per fare l'orto» racconta. «Passo la giornata a studiare e informarmi».
Solitudine completa - Le visite di Schaub fuori dal bosco, dicono in paese, ultimamente si sono fatte persino più rare. L'anno scors o la sua compagna Eva Maria Ott, ex insegnante d'asilo (come lui) nonché poetessa, è deceduta a 84 anni dopo una lunga malattia. Non ha mai lasciato la foresta: un elicottero è venuto a prelevare la salma alcuni giorni dopo il decesso. In paese, la scena è ancora narrata come un evento. «Eravamo venuti qui negli anni '90, seguendo il sogno di vivere lavorando la terra, in accordo con la natura» ricorda Schaub. Intanto, dalla soglia di casa abbraccia con lo sguardo i suoi «due laghi» - quello di Vogorno e il Maggiore - uno scorcio che, a suo dire, «nessuno in Svizzera può vantare». Ma se gli si chiede se intenda restare qui fino alla fine, sembra esitare. «Vedremo» sospira.