Si è riaperto stamattina il processo per il delitto di Monte Carasso. Ora la parola passa all’accusa
LUGANO - «Sapendo che aveva già ucciso, temevo che mi avrebbe fatto del male». Si è riaperto oggi alle Criminali il processo nei confronti della coppia accusata di assassinio per il delitto di Monte Carasso. Alla sbarra ci sono un ticinese di 49 anni e la sua attuale consorte, una 39enne cittadina russa. Ed è quest’ultima che stamattina è stata interrogata dal giudice Amos Pagnamenta in merito all’accusa di denuncia mendace: nel marzo del 2018, come si evince dall’atto d’accusa firmato da Chiara Borelli, ha allertato la polizia dicendo che il marito l’avrebbe uccisa.
All’origine del delitto, che risale al 19 luglio del 2016, ci sarebbe un movente economico. Lo ha spiegato ieri in aula il 49enne, difeso dall’avvocato Pietro Croce. Lui soffocò e poi taglio i polsi all’ex consorte, simulando quindi il suicidio. Non ce la faceva pIù a pagarle gli alimenti di tremila franchi al mese. E allora scelse questa opzione, su indicazione dell’attuale moglie - la 39enne russa, anche lei accusata di assassinio e patrocinata dal legale Yasar Ravi. Un coinvolgimento che la donna nega.
Ora la parola passa all’accusa per la richiesta di pena.