Christian Garzoni parla della situazione epidemiologica che potrebbe interessare il nostro cantone durante le festività.
Secondo l'infettivologo è fondamentale essere tutti coscienti del pericolo e proteggere le persone a rischio: «Ci attende un futuro positivo con l’avvento dei vaccini. Teniamo duro e l’anno prossimo sarà un Natale di nuovo più normale».
BELLINZONA - Quattro scenari per le festività. Sono quelli prospettati al Consiglio di Stato dalla Clinica Moncucco che tramite un documento mette in guardia le autorità ticinesi. I quattro futuri alternativi - estrapolati dai dati tra il 5 ottobre e il 5 dicembre - mostrano infatti il rischio (concreto) di una terza ondata che parte dalla cima della seconda nella quale ci troviamo attualmente bloccati. Ma quale sarà la pendenza della curva e quanto in alto andrà, dipenderà dal comportamento di tutti noi. «La situazione è esplosiva, questo bisogna dirlo chiaramente e senza mezzi termini», precisa Christian Garzoni che della clinica luganese è il direttore sanitario. «Una terza ondata che parte sulla seconda è sicuramente la cosa peggiore. E attualmente ci sono tutti i presupposti perché questo accada: il virus circola molto, gli ospedali sono quasi pieni e l'attenzione si è generalmente allentata in vista delle festività».
Scenario pericolosissimo - Uno scenario pericolosissimo soprattutto se la base di partenza è rappresentata dalle attuali (alte) cifre: «L’epidemia lavora con numeri esponenziali - ricorda lo specialista in malattie infettive -, quindi il raddoppio farebbe malissimo e manderebbe al collasso il sistema sanitario. Che significa non avere posti sufficienti per tutti nelle cure intense e comunque bloccare ogni attività ospedaliera non di emergenza». Infatti un conto è raddoppiare da due a quattro a otto. Un conto da 200 a 400 a 800 nuovi casi in dieci giorni. «Gli scenari di una terza ondata sulla seconda mostrano una necessità di posti letti molto superiore di qualsiasi possibilità realmente attuabile».
Proteggere le persone a rischio - Per Garzoni l’importante è proteggere le persone a rischio: tenere basso il numero delle persone che una volta contratta la malattia potrebbero finire in ospedale e prevenire ulteriori morti. Ovverosia proteggere i più fragili e gli anziani. «Le persone a rischio devono stare molto attente a non ammalarsi. I nonni, e in generale gli over 60, devono assolutamente evitare di stare a lungo a tavola o a un aperitivo senza mascherina. Bisogna evitare questo genere di contatti e trovare pure il coraggio di declinarli». Insomma, un Natale 2020 senza i nonni per festeggiarne molti altri in loro compagnia in futuro. «Abbiamo una prospettiva futura positiva con l’avvento dei vaccini e della primavera - ricorda Garzoni -. Teniamo duro ancora per qualche mese e l’anno prossimo sarà un Natale di nuovo verosimilmente molto più normale».
Vent'anni di vita per un pranzo? - Chi è a rischio deve quindi proteggersi fin da subito e aspettare il vaccino. Perché il numero dei morti è in aumento e a perdere la vita non sono solo ed esclusivamente le persone anziane. «Non facciamo finta di niente - rammenta Garzoni - a 50 e 60 anni si può essere a rischio e se prendi il Covid-19 e ti va male a questa età perdi venti o trent'anni di vita. E tutto questo solo per un pranzo. Sarebbe stupido. Guardiamo avanti e non focalizziamoci solo sulle festività».
Mancanza di chiarezza dalla politica - Infine Garzoni lancia un messaggio rivolto soprattutto alla politica federale che da alcune settimane manda segnali contrastanti che creano solo confusione nella popolazione. «Devono avere una linea chiara. Come quella utilizzata oggi dalla Merkel (ieri per chi legge, ndr) che ha imposto il lockdown per scongiurare quei decessi che diventerebbero evitabili con il vaccino. Adottare la “tecnica del salame” in cui ogni giorno si aggiunge una restrizione parziale e difficile non ha senso». Insomma per il medico la popolazione ha bisogno di misure chiare e indicazioni precise: «Ad esempio è più utile dire di non incontrarsi con le persone a rischio, invece di consigliare al massimo due nuclei famigliari. Se un nucleo è costituito da anziani, il rischio è comunque maggiore. È questa chiarezza che manca. E ne siamo molto preoccupati», conclude Garzoni.