Tuning sotto accusa dopo la tragedia di Grancia. Ma le associazioni di categoria non ci stanno: «Critiche ingiuste».
Cosa porta un giovane a modificare la propria auto e a spingersi oltre i propri limiti? Alcune istantanee da un mondo, per molti, sconosciuto.
LUGANO - Di chat in chat circolano video di auto che sgommano in vari piazzali dei centri commerciali. E si punta il dito contro quei “cattivi ragazzi”. Immagini scaricate da TikTok o da altri social che dopo la recente tragedia di Grancia, costata la vita a una 17enne, assumono altri significati. Il mondo del tuning, cioè dell’arte di modificare le auto esteticamente e dal profilo motoristico, è sotto accusa nella Svizzera italiana. «Ingiustamente – sostiene Marco Bais, presidente del Tessin Tuning Club –. Noi siamo i primi a segnalare alle autorità eventuali scorrettezze. Da quanto mi risulta a Grancia non era nemmeno in corso una gara».
«Si parte da Grease» – Cosa spinge un ragazzo a lanciarsi nel tuning? Bais non ha dubbi. «Alla base c’è la passione per i motori. Va fatta subito una distinzione: c’è il tuning funzionale, che aumenta in positivo le prestazioni della macchina. E poi c’è il tuning illegale, quello che viola le direttive. Noi in ogni caso cerchiamo di responsabilizzare il singolo individuo. Oltre Gottardo c’è più permissività. È anche più facile organizzare eventi. La passione per il tuning c’era già negli anni ’50, basti pensare al film Grease. Il tuning vero è soprattutto estetico, poi viene la parte motoristica. Il vero appassionato porta la sua macchina in pista, non va a rovinarla in giro per le strade normali».
«Non ci prendiamo colpe che non ci spettano» – Un tema condiviso da Umberto Cagnasso, portavoce dello Swiss Tuning Car. «In condizioni normali, senza il Covid-19, organizziamo eventi e raduno su tutto il territorio della Svizzera italiana. In Ticino non ci sono vere e proprie piste, servono i piazzali adatti e occorre avere i giusti permessi. Ci tengo a precisarlo: le nostre sono associazioni ben strutturate. Ci assumiamo la responsabilità di quello che accade nell’ambito delle nostre attività. Però una volta che uno dei nostri membri si trova per strada deve subentrare il suo senso critico. Non possiamo prenderci colpe che non ci spettano».
La voglia di mostrare le proprie performance – Tradotto: ogni persona deve sapere ragionare a seconda del contesto in cui si trova. Ma perché un ragazzo si spinge oltre, per poi magari anche pubblicare le sue performance sui social? «Ci può essere la volontà di scoprire nuovi limiti personali. Solo che poi il luogo magari non lo permette. Per determinate situazioni servono delle piste messe in sicurezza».
Video demonizzati – Cagnasso torna sui video che circolano in rete. E che vengono demonizzati da alcuni. «Determinati atteggiamenti su suoli privati, senza avere permessi, non ci piacciono. In questo modo si imbratta un po’ tutta la categoria. Dobbiamo anche considerare che da sempre abbiamo un rapporto particolare con le forze dell’ordine. Noi cerchiamo sempre di mantenere un livello di immagine alto. Ma c’è chi, a prescindere, non gradisce quello che facciamo».