Il 28 aprile 2011 avveniva l'attentato al Caffè Argana di Marrakech nel quale persero la vita anche tre ragazzi ticinesi
La testimonianza di Arnaldo Caccia a dieci anni dalla tragedia che scosse l'intero cantone: «La nostra non è più una vita normale. È diventata un calvario. Quei disgraziati hanno rovinato diciassette famiglie».
CADENAZZO - Ci sono eventi così tragici che lasciano un segno indelebile nella memoria collettiva. Soprattutto se a essere toccata è una piccola comunità come quella ticinese. L’attentato di Marrakech è uno di quelli. Dimenticare quel 28 aprile del 2011, quando la furia dell'estremismo islamico strappò via la vita a tre giovani del nostro cantone, è impossibile. Corrado “Mondo” Mondada, Cristina “Chichi” Caccia e André Da Silva Costa vennero uccisi da una bomba piazzata nel centralissimo Caffè Argana. Morena Pedruzzi, unica superstite del gruppo di amici, vide la sua vita stravolta. Da quel giorno per il nostro cantone il terrorismo non è più stato solo un concetto astratto e distante. Una storia vista alla TV. Quel giorno, infatti, la follia jihadista è entrata nelle nostre case, portando con sé la vita di tre giovani ragazzi che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato.
«È come se fosse accaduto ieri» - Proprio oggi si commemorano i primi dieci anni da quella terribile tragedia. E in Ticino il ricordo di Corrado e André, morti entrambi sul colpo, e di Cristina, spirata all’ospedale di Zurigo il 6 maggio, proprio nel giorno del funerale del suo amato “Mondo”, è sempre presente. Soprattutto nel cuore dei loro cari. «Dopo dieci anni non è cambiato niente», ci confida Arnaldo Caccia, il papà di Chichi. «È come se fosse accaduto ieri. La mente torna là. Ogni giorno. Si va al cimitero. Si rientra a casa e le foto sono lì. A farti ricordare tutto».
«Hanno rovinato diciassette famiglie» - Un dolore che accomuna tutte le famiglie delle vittime coinvolte nell'attentato. Ticinesi e non. «Con loro abbiamo instaurato un rapporto di amicizia e reciproca comprensione», ci racconta Arnaldo. «Ho conosciuto bene la famiglia di una delle due vittime marocchine. Lui era un cameriere al Caffè Argana e sua moglie era incinta quando è morto nell'attentato. Alla bimba, nata poco dopo e che ora ha dieci anni, porto sempre un regalo quando vado in Marocco per la commemorazione. Siamo tutti vittime di quei disgraziati. Hanno rovinato diciassette famiglie».
In formato ridotto - La tradizionale cerimonia in ricordo delle diciassette persone decedute si svolgerà alle undici sul luogo della tragedia. Là dove è stata edificata una stele che commemora le vittime, oggi andrà in scena un evento in formato ridotto per via delle restrizioni dovute alla pandemia. «Potranno parteciparvi solo una ventina di persone. Ci sarà il console di Francia in Marocco e una rappresentanza elvetica, oltre ai parenti delle vittime marocchine. Appena sarà di nuovo possibile viaggiare - precisa Arnaldo, che ha sempre partecipato alla cerimonia - i famigliari dei caduti francesi organizzeranno un'altra cerimonia. Io ci andrò».
Tener vivo il ricordo - André, Chichi e Mondo continuano "a vivere" grazie ad alcuni eventi e alla fondazione creata dai Municipi di Cadenazzo e Sementina. E presto la loro tragica storia, assieme a quella di Morena, potrebbe essere raccontata da un libro. Per non dimenticarli. Anche se per Arnaldo, farlo, sarebbe comunque impossibile. «Lo sport, la politica e il lavoro mi hanno aiutato a tenere la testa occupata», ci confida al termine del nostro incontro. «Elaborare il lutto è però difficile. Mia moglie non ci è ancora riuscita ed è pure molto infastidita che molti amici dell'epoca oggi sembrano essersi dimenticati tutto. La nostra - conclude - non è comunque più una vita normale. È diventata un calvario. Ogni nuovo attentato che vediamo alla Tv ci fa ripiombare nell'incubo».
L'attentato - L'esplosione avvenne alle 11.30 ora locale (le 12.30 in Svizzera) all'interno del Caffè Argana, sulla centralissima piazza Jamaa el Fna. Il locale, molto frequentato dai turisti, fu praticamente raso al suolo da un ordigno artigianale fatto esplodere a distanza. La terribile deflagrazione provocò la morte di diciassette persone - otto francesi, tre svizzeri, due marocchini, un russo, un canadese, un britannico e un olandese - e il ferimento di altre venticinque. Per l'attentato furono condannate nove persone. Per i due principali responsabili - Adil Al-Atmani e Hakim Dah - venne richiesta la pena capitale, ma i difensori dei famigliari delle vittime nel corso del processo ribadirono la loro contrarietà a questa condanna per non trasformare gli artefici dell'attentato in "martiri".