Don Pierangelo Regazzi, ex arciprete di Bellinzona, vuota il sacco: «Il celibato obbligatorio non ha più senso».
Il 76enne, oggi in pensione, è sempre più una voce libera, controcorrente: «L'amore è di tutti. Ho imparato a non giudicare mai».
BELLINZONA - La sua è sempre stata una voce libera. Da quando, nell'estate del 2020, è andato in pensione don Pierangelo Regazzi, ex arciprete di Bellinzona, è ulteriormente una voce fuori dal coro. Tanto che poco prima di Natale aveva pubblicato sui social un post in cui sosteneva che i preti che lo desiderassero avrebbero dovuto potere avere una propria famiglia. Non solo. Anche in televisione, sulla RSI e su Teleticino, ha esposto argomentazioni in tal senso.
Don Pierangelo, partiamo dal suo post di metà dicembre.
«L'avevo scritto in occasione dei fatti di cronaca che avevano visto un sacerdote protagonista di presunte molestie a ragazze in una discoteca del Mendrisiotto. Bisogna farsi delle domande. Perché un sacerdote arriva a questi punti?»
Che risposte si dà?
«Il celibato obbligatorio non ha più senso. Non nell'epoca di internet, in cui gli stimoli e le tentazioni sono ovunque. A mio modo di vedere un senso vero e proprio non l'ha mai avuto».
Ci sono ragioni storiche per cui questo vincolo resiste.
«Nel Vangelo, in particolare nel nuovo testamento, non è mai stata affermata l'obbligatorietà del celibato per le persone che si assumono determinate responsabilità. L'obbligo del celibato è intervenuto solo dopo il 1139 e si è irrigidito ulteriormente dopo il Concilio di Trento tra il 1545 e il 1563. Si tratta di decisioni che hanno causato un sacco di sofferenze. Perché l'amore è di tutti. Speravo che Papa Francesco risolvesse questo problema. Probabilmente anche lui è condizionato da chi lo circonda».
Lei ha confessato di essere stato innamorato.
«Sì. Ed ero già prete. Mi ero innamorato di una donna».
Come ne è uscito?
«Avere rispetto verso una persona significa anche dirle che faccio una scelta. Ogni persona ha diritto a vivere una vita affettiva aperta e senza nascondersi. Le dissi: o io smetto di fare il prete e mi espongo, oppure faccio un passo indietro».
La scelta è caduta sulla seconda opzione...
«È stato difficile. Ho vissuto una crisi profonda. Come un vero innamorato appunto. E per questo come esperienza è stata anche costruttiva. Quando vedo una persona che si trova in crisi amorosa adesso la capisco. Quando finisce un amore si ha dentro una sofferenza indicibile. Io queste sensazioni le ho vissute».
Chi le è stato vicino in quella precisa circostanza?
«Ho avuto la fortuna di potere raccontare ad alcune persone quello che stavo vivendo. E sono stato capito. Ho trovato rifugio nella mia comunità. Tra qualche amico laico. E poi anche in qualche prete. In particolare mi aiutò l'amico don Alessandro Pronzato».
Cosa le resta, oggi, di quella vicenda?
«Ho imparato a non giudicare. Mai».
Le spiace di non avere avuto una vita affettiva, sentimentale?
«Per fare il prete cattolico una persona dovrebbe avere avuto prima almeno una relazione con qualcuno. Altrimenti non sa a cosa rinuncia».
Obbligo di celibato significa per forza rinunciare ad avere rapporti?
«Dal mio punto di vista no. Sono stato sulle Isole Salomone. E lì mi sono accorto che molti preti cattolici avevano figli. Non potevano sposarsi perché la Chiesa lo vieta. Ma tutti sapevano che avevano relazioni sessuali con donne del posto. E la gente lo accettava».
In Occidente sarebbe inammissibile.
«Dice bene. In Occidente. Ce la siamo costruita noi questa specie di gabbia. Mi chiedo perché la chiesa di Roma sia così in silenzio. Io sono diventato prete a Locarno negli anni '70. Come arciprete c'era una persona che pochi anni dopo finì nei guai. Lo ricattarono per la sua presunta omosessualità. E venne messo alla gogna. Vi rendete conto di che tortura può essere la castità per un essere umano?»
Se lei fosse stato prete nelle Isole Salomone avrebbe ugualmente detto no alla donna che amava?
«È chiaro che il contesto culturale in cui si vive fa la differenza».
Lei ha parlato di omosessualità. Alcuni preti che finiscono nei pasticci per questioni affettive sono gay.
«Il problema è l'opinione pubblica. È lì che si genera lo scandalo. Lo ripeto, io non giudico. L'ex arciprete di Locarno non è l'unico religioso omosessuale che ho conosciuto. Un altro prete ha smesso ed è andato a convivere col suo partner. Non mi sono scandalizzato. Anzi ho mantenuto la stima per lui, ho pensato che quello era un personaggio così in gamba da essere più prete di me. La solitudine è il dramma più grande. Quando vai via da una parrocchia tagli i ponti quasi con tutti. Se tu avessi qualcuno che ti aiuta o ti sostiene, sarebbe diverso».
Cosa pensano in Curia delle sue idee?
«Sanno che ho idee differenti. Detto questo, ho ottimi rapporti col vescovo e voglio continuare ad averli. Le mie idee però non le cambio».