In Ticino, i dati del 2022 sono in crescita, ma lontani dal 2019. Fra costi energetici e streaming, è complicato tornare alla prepandemia.
Le realtà del territorio sono alle prese con un cambiamento epocale: «Servono nuove formule: siamo all’inizio di un ciclo».
BELLINZONA - Fare peggio era forse difficile. In ogni caso, i dati del 2022 dicono che, nei cinema della Svizzera italiana, gli ingressi sono stati 233’536, circa 100’000 in più rispetto al 2021, un anno, però, ancora fortemente condizionato dal Covid e con un numero di proiezioni molto inferiore alla media. Meno roseo il confronto con il 2019, l’ultimo anno pre pandemia: i biglietti sono in netto calo, più o meno 100’00 in meno.
Alla luce di questi dati, quali sono le prospettive per i cinema ticinesi? Il futuro è roseo o a tinte fosche?
«Secondo me ci si sta “tarando” su una nuova realtà», spiega Roberto Pomari, dal 2018 e fino a giugno direttore del Palacinema di Locarno. «Sulla scena - aggiunge - sono subentrati nuovi attori, per esempio le piattaforme, capaci di portare via il pubblico dalle sale. Beninteso: non sono pessimista, il cinema sopravviverà. Però, avrà una dimensione diversa: da intrattenimento di massa diventerà, verosimilmente, più selettivo, di nicchia».
Per Antonio Prata dell’Otello di Ascona, «dopo la pandemia è come dovere reinventare buona parte di tutta l’attività e della proposta al pubblico. Dopo quanto accaduto infatti, l’impressione è che tutti noi non siamo più gli stessi». C‘è chi trascorre molto più tempo in casa a guardarsi una serie TV, «altri che invece escono molto di più, perchè hanno troppo sofferto la clausura forzata o perchè comunque assuefatti dal flusso di un consumo».
Per quanto concerne il 2022 e i cinema, «quest’anno è andata molto meglio del 2021, ma non era difficile. Se a metà del 2021 le sale dichiaravano una perdita fino al 60-65%, oggi, ma soprattutto da novembre 2022, «quella percentuale si è abbassata fino a -15, -17%. Ma viviamo ancora in un periodo di cambiamento, sempre piú consapevoli che servono nuove formule per mantenere vivo il cinema. Siamo solo all’inizio di un nuovo ciclo almeno per quanto concerne la gestione delle sale e la distribuzione dei film».
Lo dice chiaramente Gianni Bonardi, proprietario del Cineforum di Bellinzona: «Per la prima volta, dopo 30 anni, vedo un po’ nero. La concorrenza dello streaming è molto aggressiva: io non ho nulla contro le piattaforme, spesso investono e hanno ottimi prodotti, ma ci vorrebbe una regolamentazione giuridica come accade in altri paese». Dopo il Covid, le abitudini dei ticinesi sono cambiate: «Prima della pandemia abbiamo anche investito 700’000 euro in una terza sala - aggiunge - non solo: i costi energetici sono cresciuti molto e diventa difficile essere concorrenziali con i prezzi dello streaming. Inoltre, gli aiuti del Cantone non sono stati per nulla soddisfacenti».
Il Ticino, peraltro, registra 23 sale, 10 cinema e 3959 posti a sedere. Questi ultimi, sono la metà di quanti erano 30 anni fa. Un trend, come spiega però Luca Morandini, direttore dei cinema di Mendrisio, cominciato prima dell’epoca di Netflix e affini. «Una volta - spiega - i film erano magari pochi, ma polarizzavano gli incassi. Negli anni, sono cresciuti i numeri delle produzioni medie e di nicchia: queste ultime due tipologie hanno bisogno di più tenitura (il numero di giorni in cui uno stesso film viene proiettato in un cinema ndr). Quindi si ottimizza lo spazio delle sale per avere un rendimento più alto».
Per Morandini, entro due anni si potrà pensare di tornare ai risultati del 2019. «Siamo in ripresa e nei prossimi mesi sono previste uscite davvero importanti - conclude - certo, molto dipenderà dal meteo. Per noi il concorrente maggiore è il tempo: se il weekend è piovoso, si triplicano le presenze».
Infine Arena Cinemas, il gruppo che gestisce sette multisala elvetici tra cui il CineStar di Lugano, preferisce rimanere discreta e «non divulga cifre o stime».