Cosi la difesa del cinquantenne a processo con la moglie per abusi sui figli, che punta a una pena non superiore ai sei anni e sei mesi. Le scuse degli imputati. La sentenza alle 17
LUGANO - L’accusa parla di oltre centotrenta atti sessuali coi figli. Ma la difesa non ci sta: l’avvocato Maurizio Pagliuca, patrocinatore del cinquantenne del Bellinzonese a processo con la moglie alle Criminali, sostiene che si è trattato di una ventina di casi. «È il numero indicato dall’imputato e che si evince dai riscontri oggettivi». Il legale ha quindi chiesto che la pena non sia superiore ai sei anni e mezzo di carcere (l’accusa, rappresentata dalla procuratrice Marisa Alfier, ne ha chiesti quindici), parlando anche di violazione del principio di celerità. «L’imputato è in carcere da aprile 2016, oggi siamo in aula».
Per il difensore, il comportamento dell’uomo è «al di fuori di ogni logica», pertanto non sarebbe possibile interpretarlo adottando un pensiero logico. «Scattava fotografie degli atti per un proprio album privato di famiglia, se vi fossero stati ulteriori episodi, anche questi sarebbero stati documentati». Eppure si parla anche di cosiddetti “camera party”, in cui la coppia consumava atti sessuali in presenza dei figli. E in questo caso la documentazione manca. «Ma si tratta di situazioni che viaggiano su un altro binario» ha osservato l’avvocato Pagliuca.
Dichiarazioni «con criticità» - L’uomo deve rispondere, singolarmente, di violenza carnale per aver costretto la figlia a subire rapporti completi. La difesa ha però sottolineato che si tratta delle dichiarazioni della vittima contro quelle del cinquantenne. E la ricostruzione delle circostanze presenterebbe delle criticità. Sarebbe invece credibile il padre, secondo cui non vi sarebbero state congiunzioni carnali: si sarebbe trattato di atti sessuali analoghi a quelli avvenuti in precedenza, ma senza la presenza della madre «perché era gelosa». Da qui la richiesta di proscioglimento da questo reato.
«Non ci fu coazione» - Nel suo intervento, il legale si è anche soffermato sul reato di coazione sessuale. «Non vi è stata pressione psicologica sui figli, nessun imposizione del silenzio». Anche per questo motivo la natura penale degli episodi sarebbe differente: si tratterebbe di atti sessuali con fanciulli. L’imputato, secondo la difesa, andrebbe quindi prosciolto pure dalla coazione sessuale.
L’ultima parola - «Non mi potrò mai perdonare per aver tolto ai miei figli la serenità, l’individualità e il rispetto che spettava loro. Avrebbero dovuto avere una madre piena di amore». Queste sono le parole conclusive della quarantacinquenne, che con voce spezzata ha chiesto scusa per quanto commesso. Scuse giunte anche dal padre, che ha parlato di «cicatrice che ci porteremo dietro per tutta la vita».
La Corte, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, comunicherà la sentenza (a porte chiuse) stasera alle 17.