È venuto diverse volte da noi, l'ultima nel 2017. Quando minacciò di far restare a casa 60.000 frontalieri.
Roberto Maroni, "il democristiano della Lega", era molto conosciuto in Canton Ticino: oltre ai rapporti politici, era legato alla terra ticinese anche da amicizie e frequentazioni nell'ambito culturale e musicale (come è noto era il tastierista del gruppo Distretto 51, gruppo che aveva suonato un paio di volte anche sul lago di Lugano molti anni fa).
Una delle sue ultime apparizioni pubbliche in cantone risale al dicembre del 2017 in occasione dell'inaugurazione della linea Varese-Stabio-Mendrisio. In quell'occasione, a fianco della presidente della Confederazione Doris Leuthard, il consigliere di Stato Manuele Bertoli e il Ministro dei Trasporti Graziano Delrio, aveva orgogliosamente rivendicato i meriti della politica regionale italiana da lui in quel momento capitanata nel portare a compimento «la prima tratta transfrontaliera dopo più di un secolo che avvicina ancora di più l'Italia alla Svizzera, un'opera per i nostri territori».
Apprezzato da ampi settori del mondo politico ticinese per il suo garbo istituzionale (ottimi i suoi rapporti con Giuliano Bignasca a cui fece recapitare una corona di fiori il giorno della morte) e per una linea sempre tesa a una fattiva cooperazione transfrontaliera, solo in poche occasioni il "moderato più moderato di tutti" si era lasciato trascinare nel campo dell'aspra diatriba politica di confine. Forse due gli episodi degni di nota: uno è quello riguardante il tema dei ristorni dei lavoratori frontalieri, con il monito severo lanciato al governo del Ticino di "rispettare i patti» e l'altro più recente sull'obbligo per i 60000 lavoratori lombardi di presentazione del casellario giudiziale ai fini del rinnovo del permesso.
L'allora presidente della Regione Lombardia non l'aveva presa proprio bene e non le aveva mandate a dire al Direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi: «il suo è un atteggiamento ostile, se continua così dirò a questi lavoratori di rimanere a casa e gli pagherò io lo stipendio».
I due per giorni erano andati avanti a punzecchiarsi sui giornali. Poi la tensione si era allentata e il sereno era tornato nuovamente sulle loro relazioni.
Dalla sua casa di Lozza ogni tanto con la sua auto amava venire in visita in Ticino, visitando mostre e assistendo a dei concerti.