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CANTONE«Lei consenziente? È scappata dalla finestra in piena notte, senza calze né scarpe»

04.07.24 - 16:44
La pubblica accusa chiede cinque anni e mezzo di carcere per il 32enne che avrebbe violentato sessualmente la sua compagna.
Deposit (simbolica)
«Lei consenziente? È scappata dalla finestra in piena notte, senza calze né scarpe»
La pubblica accusa chiede cinque anni e mezzo di carcere per il 32enne che avrebbe violentato sessualmente la sua compagna.

LUGANO - «Lui le ha tirato un pugno in volto, le ha impedito di andare all'ospedale e le ha messo le mani al collo. Credere che pochi minuti dopo lei abbia voluto consumare un rapporto sessuale con lui è l'apoteosi dell'assurdo e della fantasia». È con queste parole che il procuratore pubblico Roberto Ruggeri ha chiesto di condannare a cinque anni e mezzo di carcere il 32enne processato oggi alle Assise criminali di Lugano.

Per l'uomo, cittadino brasiliano e portoghese residente nel Locarnese, è stata inoltre chiesta l'espulsione dalla Svizzera per un periodo di 10 anni.

La difesa, dal canto suo, ha chiesto un massimo di tre anni di detenzione, di cui nove mesi da scontare e il resto sospeso con la condizionale. La sentenza è attesa per domani alle 15.30.

«Nessun raptus» - «La violenza carnale avvenuta nell'ottobre del 2023 non è stata un raptus, ma l'apice di un ciclo di violenza», ha affermato Ruggeri, evidenziando che nella relazione il 32enne imponeva la sua superiorità e la compagna veniva costretta a un ruolo di sudditanza.

«All'ospedale si è nascosta sotto una scrivania» - Il procuratore ha poi sottolineato come la credibilità della testimonianza della donna rispetto alla presunta violenza sessuale appaia solida: «Ha abbandonato casa sua alle 4 del mattino, uscendo dalla finestra e scappando per circa 500 metri senza calze né scarpe, fino a raggiungere l'ospedale. Una volta all'interno era inoltre talmente impaurita che si è nascosta sotto una scrivania».

Le dichiarazioni della donna sarebbero poi «credibili per tutti gli episodi, in quanto in lei c'è una totale assenza di acredine».

«Polizia intervenuta in diverse occasioni» - «L'imputato è una persona impulsiva e irascibile», gli ha fatto eco l'avvocato Nicolò Canova, rappresentante dell'accusatrice privata. «Attraverso la sua superiorità fisica e i suoi scatti d'ira tentava di controllare la sua compagna e prevaleva su di lei con atteggiamenti aggressivi e intimidatori. Gli atti di violenza si sono protratti su un lungo arco di tempo, tanto che la polizia è intervenuta in diverse occasioni».

«L'ha picchiata, ma non violentata» - La parola è poi passata alla difesa. «L'imputato è un maschilista, è vero, e ha più volte picchiato la sua compagna. Ma quella notte dell'ottobre 2023 non ha commesso una violenza carnale», ha esordito l'avvocato Stefano Genetelli.

«Il fare l'amore era il loro modo abituale di fare pace e dopo qualche tentennamento lei ha detto "va bene": lui ha quindi iniziato il rapporto sessuale con lei. Dopo un po' si è accorto che lei non era più lubrificata e le ha chiesto come mai. Appreso che la compagna non era più dell'umore si è quindi immediatamente fermato».

«Forse lei ha detto sì per paura, considerato quello che era accaduto prima, ma questo lui non l'ha considerato in quel momento», ha insistito la difesa. «Inoltre se lui avesse voluto violentarla non si sarebbe fermato».

I rilievi medici - Genetelli ha poi tenuto a evidenziare che dall'esame forense effettuato successivamente «non sono emerse lesioni univocamente riconducibili a un possibile rapporto sessuale non consenziente e non sono stati rilevati neanche arrossamenti nella zona delle gambe». Secondo la pubblica accusa le violenze sessuali non lasciano però sempre il segno.

«Ritengo che l'imputato debba seguire una psicoterapia per controllare i suoi scatti d'ira, ma il posto giusto per lui non è certamente il carcere», ha detto infine Genetelli, chiedendo una pena non superiore ai tre anni di detenzione, di cui nove mesi da scontare e il resto sospeso condizionalmente.

«Non posso pagare per qualcosa che non ho fatto» - A chiudere il dibattimento è stato infine il 32enne: «Mio padre mi ha insegnato che se sbagli nella vita devi prenderti le tue responsabilità. Mi scuso per quello che ho fatto, ma non posso pagare per qualcosa che non ho fatto».

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