La vicenda dei Carabinieri di Piacenza porta alla ribalta i problemi del sistema italiano con un passato oscuro
PIACENZA - Sono passati pochi giorni dall’esplosione dello scandalo ma è bastato anche meno per definirla Caserma degli Orrori. L’Italia si trova a fare i conti con un nuovo caso che riguarda le proprie forze dell’ordine. In questo caso la vicenda riguarda una caserma dei Carabinieri di Piacenza, che stando alle ricostruzioni avvenute e rivelate fino a questo momento, era diventata una vera e propria associazione a delinquere. Una situazione talmente grave da portare a una decisione mai vista prima nella storia italiana: il sequestro di un'intera caserma. Mercoledì 22 luglio, dopo mesi d'indagine della Guardia di Finanza, un'ordinanza del giudice ha disposto l’arresto di sei carabinieri. I reati sarebbero stati commessi a partire dal 2017 e oltre agli arrestati, ce ne sono altri 4 sottoposti ad altre misure cautelari. A loro si aggiungono altre 12 persone coinvolte nell’inchiesta.
Il leader del gruppo, l’appuntato Giuseppe Montella, nelle prime parole al gip ha rivelato che tutta la Caserma ha partecipato più o meno attivamente agli orrori. Tra le accuse ci sono lesioni, sequestro di persona, spaccio e tortura. E, a giudicare dalle notizie che continuano a emergere, l’inchiesta è destinata ad allargarsi ancora.
L'omicidio di Stefano Cucchi - Non è la prima volta che l’Italia finisce al centro dell’attenzione per motivi di questo tipo. Il caso che ha destato maggior sgomento è stato senza dubbio quello di Stefano Cucchi. Il giovane romano morto nel 2009 mentre si trovava in custodia dei Carabinieri. Una vicenda sulla quale è stata fatta luce, soprattutto grazie all’impegno della famiglia del ragazzo e in particolare della sorella, che hanno lottato con ogni mezzo affinché la verità venisse a galla. E per fare giustizia sono stati necessari oltre 11 anni, con la conseguente condanna di due carabinieri (Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro) per omicidio preterintenzionale; di Francesco Tedesco e Roberto Mandolini per falso. Ma l’inchiesta ha portato a galla non solo le colpe dei diritti responsabili della morte di Cucchi, ma anche di coloro i quali, in vari gradi e responsabilità, hanno coperto i responsabili impedendo il corso della giustizia.
Botte e manganellate al G8 di Genova - Ma la lista dei “misfatti” delle forze dell’ordine italiane potrebbe andare avanti a lungo. Non si può non ricordare i fatti della scuola Diaz. Nel corso del G8 di Genova del 2001, nella scuola che ospitava il coordinamento del Genoa Social Forum, fanno irruzione i reparti mobili della Polizia di Stato con il supporto di alcuni battaglioni dei Carabinieri. Le testimonianze di quelle dure ore e dei successivi sviluppi in caserma sono da film dell’orrore. 93 attivisti vengono fermati e 61 finiscono in ospedale, con tre in prognosi riservate e uno in coma. Un massacro che in questo caso non è stato neanche “sanato” dalla Giustizia, visto che a distanza di anni i procedimenti penali nei confronti dei responsabili si sono conclusi con delle assoluzioni, dovute all’impossibilità d'individuare i diretti responsabili o per avvenuta prescrizione. Nel 2015 la Corte europea dei diritti dell’uomo è tornata sulla vicenda condannando lo Stato italiano al pagamento di un risarcimento di 45mila euro nei confronti di Arnaldo Cestaro, uno dei feriti che ha fatto ricorso alla corte. Nel 2017 la stessa corte ha nuovamente condannato l’Italia per i fatti della Diaz, sostenendo che le leggi italiane sono inadeguate a punire e a prevenire gli atti di tortura commessi dalle forze dell’ordine.
Lotta agli abusi: gli strumenti tardano ad arrivare
Negli Stati Uniti il dibattito è acceso e durerà ancora a lungo. La morte di George Floyd ha aperto un vaso di Pandora che mette i legislatori in una condizione di difficoltà e urgenza: la richiesta è quella di riformare le forze di Polizia. Negli States, allo studio, ci sono due riforme in particolare: l’inserimento di un numero più alto di “minoranze” all’interno delle forze di polizia e una legge che renda punibili le chiamate al 911 con il solo scopo d'intimidire o molestare una persona solo in base alla sua razza (o altre categorie protette).
In Italia il dibattito sui possibili abusi delle forze dell’ordine è ancora molto indietro. Soltanto negli ultimi due anni alcune forze hanno adottato le bodycam che permettono di monitorare non solo il comportamento di alcuni soggetti ma anche quello degli stessi poliziotti, mentre fatica a passare la legge per rendere obbligatorio il numero identificativo sui caschi dei poliziotti, soprattutto in situazione di gestione dell’ordine pubblico.