I risultati dello studio sono stati pubblicati dalla rivista scientifica The Lancet
Lo Sputnik, come è stato ribattezzato il preparato anti-Covid russo, ha per ora svolto solamente le prime due fasi della sperimentazione. Inoltre, ha rilevato il virologo Carlo Maria Perno, il vaccino è stato provato quasi esclusivamente su «volontari sani, giovani e quasi tutti maschi».
MOSCA / LONDRA - Pubblicati sulla rivista scientifica inglese di ambito medico The Lancet i primi dati sul vaccino russo Sputnik anti-Covid-19. Secondo quanto riportato dal gruppo di Denis Logunov, dell'Istituto nazionale di ricerca epidemiologica Gamaleya di Mosca, il vaccino avrebbe prodotto una risposta immunitaria in tutti i 76 volontari, adulti sani tra i 18 e 60 anni, coinvolti nelle fasi 1 e 2 della sperimentazione.
I risultati, riferiti a due studi condotti tra il 18 giugno e 3 agosto, mostrano che il 100% dei partecipanti ha sviluppato anticorpi contro il nuovo coronavirus, senza avere gravi effetti collaterali.
I ricercatori russi hanno sperimentato due tipologie di vaccino che sfruttano due diversi adenovirus, cioè uno dei virus che causa il raffreddore, modificati per trasportare il gene della proteina Spike, quella che permette al coronavirus di entrare nelle cellule umane. I più comuni effetti collaterali riportati sono stati dolore nel sito di iniezione, febbre, mal di testa, debolezza, dolori muscolari e alle articolazioni, ma in forma lieve. Tutti i partecipanti hanno prodotto anticorpi alla proteina del virus.
I risultati - Il dato positivo, rileva il virologo Carlo Maria Perno, direttore dell'unità di microbiologia dell'ospedale Bambino Gesù di Roma, «è che finalmente sono stati pubblicati su una rivista scientifica i risultati sul vaccino che finora erano stati annunciati solo sui giornali dai politici russi».
Qui vengono spiegati i risultati ottenuti nella fase 1, che è quella che serve a valutare la tossicità del vaccino, e nella fase 2, che serve a trovare la dose giusta. «I vaccini sono stati provati su un piccolo numero di volontari sani, giovani e quasi tutti maschi. Pur con questi limiti, i dati sono confortanti e il vaccino sembra promettente - continua Perno - perché si comporta come gli altri vaccini quanto a tossicità, e produce una risposta immunitaria che sembra neutralizzare il virus».
Mancano però ancora i dati «della fase 3 - conclude Perno - quella cioè condotta su migliaia di persone, che serve a verificare anche se rimane contagiato di più chi è stato vaccinato o chi no. I dati di questa fase sono fondamentali, e inoltre andrebbe estesa la casistica di questi primi volontari, osservati solo per un mese e mezzo. Il percorso però sembra iniziato bene».