L'allarme dell'Oxfam: «Milioni di vite a rischio nei contesti più vulnerabili del pianeta»
LONDRA - In soli sei anni il numero di persone colpite dalla fame è più che raddoppiato nei dieci paesi che hanno registrato il maggior numero di eventi climatici estremi: erano 21 milioni nel 2016, oggi sono 48 milioni, 18 milioni dei quali sull'orlo della carestia.
È l'allarme lanciato dalla federazione internazionale di ong Oxfam, con un nuovo rapporto pubblicato oggi, in vista dell'Assemblea annuale delle Nazioni Unite di questa settimana e della Cop27 sui cambiamenti climatici di novembre.
Siccità, desertificazione, cicloni e alluvioni «stanno mettendo a rischio milioni di vite nei contesti più vulnerabili del pianeta», viene sottolineato nel documento, e per far fronte alle crisi umanitarie «servono 49 miliardi di dollari, la cifra richiesta dalle Nazioni Unite nell'appello per il 2022: un ammontare equivalente ai profitti realizzati in meno di 18 giorni dalle grandi aziende energetiche dei combustibili fossili».
«Tra il 2010 e il 2019 i danni materiali diretti e indiretti dovuti al clima sono stati in media di 3,43 milioni di dollari al giorno», afferma Francesco Petrelli, esperto per la sicurezza alimentare di Oxfam Italia, citato in un comunicato. «Di questo passo tra il 2030 e il 2050 fino a 720 milioni di persone - ovvero 1 abitante su 11 del pianeta - rischia di ritrovarsi in condizioni di povertà estrema a causa della crisi climatica».
«Facciamo appello ai leader mondiali, che parteciperanno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite e alla COP 27 di novembre, perché mantengano le promesse fatte più volte sul taglio delle emissioni e sui finanziamenti per l'adattamento alla crisi climatica dei paesi poveri e più colpiti», scrive Oxfam. «La strada da seguire è far pagare chi inquina di più: un'addizionale di appena l'1% sui profitti annui delle multinazionali che producono energia da combustibili fossili porterebbe circa 10 miliardi di dollari di entrate per gli stati, sufficienti a colmare gli ammanchi finanziari per far fronte all'aumento della fame globale».