Proteste contro il Governo «per il rispetto della volontà popolare espressa col voto del 28 luglio».
CARACAS - A dare il via sono state le manifestazioni in Australia. Da Perth a Auckland, da Sydney a Melbourne, le foto pubblicate sulle reti sociali dell'opposizione venezuelana hanno testimoniato le voci che a livello globale si sono levate contro il governo di Nicolas Maduro, «per il rispetto della volontà popolare espressa col voto del 28 luglio e per il ritorno alla democrazia».
«Oggi facciamo la Storia. Scendiamo nelle strade del Venezuela e del mondo affinché il regime capisca che non si torna indietro. Il paese sarà libero», ha dichiarato la leader Maria Corina Machado, motore insieme al candidato presidenziale Edmundo Gonzalez Urrutia della "Grande protesta per la Verità", la manifestazione convocata in 373 città, nei cinque continenti, Svizzera inclusa, per rilanciare sulla vittoria elettorale.
«Stiamo sentendo la forza del popolo coraggioso che si è unito", ha detto durante il suo discorso a Caracas. «Non lasceremo le strade: è un nostro diritto», ha proseguito la leader. Lo faremo «con intelligenza, prudenza, resilienza, audacia e in modo pacifico».
Un'iniziativa preceduta dal nuovo arresto di un esponente politico di spicco dell'opposizione, a riprova che nonostante il pressing internazionale non si allenta la morsa della repressione nel paese sudamericano. L'ex deputato, Piero Maroun, segretario dell'organizzazione di Azione Democratica (AD) è stato portato via mentre era a cena con la moglie, diventando così il terzo ex parlamentare a finire nelle carceri chaviste, insieme a Williams Davila, anch'egli di AD, ricoverato d'urgenza in ospedale dopo sei giorni di prigione, e Freddy Superlano, leader di Voluntad Popular (il partito di Leopoldo Lopez) sottoposto a tortura nelle segrete dell'Elicoide.
Per dimostrare la sua legittimazione popolare, il Partito socialista unito del Venezuela ha risposto a Machado con la "Grande marcia nazionale per la pace", organizzata in fretta e furia in un centinaio di città del Venezuela.
Una prova di forza resa ancor più necessaria, dopo la nuova tegola per Maduro arrivata dall'Organizzazione degli Stati americani (OSA), che ha approvato all'unanimità un progetto di risoluzione che esige dal governo di Caracas «il rispetto dei diritti umani, della volontà sovrana dell'elettorato e la verifica imparziale dei risultati che garantisca trasparenza, credibilità e legittimità del processo elettorale».
Una proposta presentata dagli Stati Uniti col sostegno di altri paesi, tra cui Argentina, Canada, Cile ed Ecuador, accettata anche da Brasile e Colombia dopo due ore di negoziati. Un segnale politico importante, dato che Brasilia e Bogotà più di tutti, in queste settimane, avevano cercato il dialogo con Maduro.
Nonostante il clima di paura e di caccia alle streghe contro le opposizioni, che a una ventina di giorni dalle elezioni conta già oltre duemila arresti, 25 morti e numerosi desaparecidos, anche a Caracas la gente ha risposto al richiamo di Machado e Gonzalez.
Già ore prima dell'inizio del corteo, i manifestanti - tra loro anche molte le famiglie con bambini - si sono riuniti nell'avenida Francisco de Miranda, nell'est della città, portando palloncini colorati, striscioni, e bandiere. "Siamo protagonisti della libertà e della democrazia del nostro paese - si legge in un cartello -. I risultati sono quello che sono: Edmundo Gonzalez Urrutia è il presidente eletto del Venezuela".