Sul tavolo c'è la bozza di una tregua di 72 ore, ma Hamas raffredda gli animi
IL CAIRO - Nel giorno in cui per qualche ora è stata guerra aperta fra Israele ed Hezbollah in Libano, al Cairo si sono tenuti negoziati indiretti per giungere a un cessate il fuoco a Gaza, fronte sud del duplice impegno bellico dello Stato ebraico contro i suoi nemici islamici.
Nel pomeriggio circolavano indiscrezioni circa un piano per una tregua di 72 ore nella Striscia da sottoporre al vaglio del premier israeliano Benjamin Netanyahu, insieme a un accordo di massima su uno scambio di ostaggi e prigionieri. Hamas però è subito intervenuto per ridimensionare le aspettative di un'intesa.
La bozza delle 72 ore - La delegazione israeliana ha lasciato il Cairo in serata «per presentare un piano di tregua a Netanyahu». La bozza, o almeno quanto discusso oggi, includerebbe una «tregua temporanea di 72 ore seguita da un cessate il fuoco completo», almeno secondo quanto riferito da al-Hadath, la TV di sole notizie dell'emittente al-Arabiya.
Ci sarebbe inoltre un accordo di principio per aumentare il numero di detenuti palestinesi da scarcerare in cambio della liberazione di ogni ostaggio israeliano anche se ci sono pure riserve israeliane riguardo alla liberazione di circa 10 palestinesi, ha riferito al-Arabiya senza fornire nomi. Insomma, come ha sintetizzato un funzionario USA, «il processo è in corso e i colloqui sono stati costruttivi».
Ottimismo a scopi elettorali - Hamas, tuttavia, che è al Cairo dichiaratamente solo per incontrare i mediatori egiziani e non per partecipare a discussioni con la controparte israeliana, ha fatto uscire allo scoperto in TV un suo funzionario per avvertire le voci su un imminente accordo sono false. L'esponente, Osama Hamdan, ha dichiarato che il movimento si attiene alla proposta di cessate il fuoco del 2 luglio, rifiuta nuove richieste israeliane, e l'ottimismo è sparso dagli USA solo a scopi elettorali.
Le questioni sul tavolo - Si è appreso comunque che i negoziati al Cairo hanno riguardato anche la questione del confine della Striscia di Gaza con l'Egitto: in particolare il valico di Rafah, chiuso ormai da quasi quattro mesi, e il "corridoio Filadelfia", la zona cuscinetto fra la Striscia e il Sinai egiziano sulla quale Netanyahu vorrebbe mantenere il controllo, rendendolo uno dei nodi più intricati che bloccano i negoziati. Come ha esplicitato all'ANSA un ex comandante dell'Aeronautica militare israeliana, Eitan Ben Eliyahu, Israele vuole evitare che Hamas riesca "a rifornirsi di armi" attraverso quel confine, come ha «fatto in tutti questi anni».
L'Egitto, storico mediatore tra gli (invisi) fratelli arabi di Hamas e gli alleati (geopolitici) dello Stato ebraico, ha chiesto a Israele di rinunciare al controllo del valico di frontiera di Rafah durante i primi giorni di un eventuale cessate il fuoco. Al fine di convincere Hamas a sottoscrivere un'intesa, il Cairo sta inoltre facendo pressione per ottenere un ritiro israeliano, seppur a scaglioni, dal corridoio Filadelfia e ha confermato al movimento islamico, considerato terrorista da UE e USA, il proprio rifiuto di qualsiasi presenza israeliana permanente nella zona cuscinetto.
L'arrivo della delegazione israeliana al Cairo è stato presentato da funzionari dello Stato ebraico come una prova che Israele non vuole un'ulteriore escalation in Libano: uno scenario pieno di «pericoli» contro cui ha messo in guardia il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, ricevendo al Cairo nelle ultime ore il capo dello stato maggiore congiunto degli Stati Uniti, l'ufficiale di rango più elevato delle forze armate americane, il generale Charles Brown.