La rabbia contro l'establishment dopo lo scoppio ha portato a un sabato di violenze
BEIRUT - È salito ad almeno 730 il bilancio dei feriti negli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine a Beirut, dopo le esplosioni che nella capitale libanese hanno ucciso 158 persone. Nelle violenze un poliziotto è morto, altri 20 sono rimasti feriti. Lo riportano i media internazionali e le autorità libanesi.
La rabbia di una città devastata e di un intero Paese, scivolato da mesi nel baratro del collasso economico e politico, è scoppiata, con azioni senza precedenti da parte dei manifestanti anti-governativi.
Dimostranti hanno preso d'assalto e occupato per diverse ore la sede del ministero degli esteri, nel cuore di Beirut colpita dall'esplosione di martedì scorso, per essere poi in serata costretti dall'esercito ad uscire. Altri manifestanti hanno 'impiccato' un manichino del leader degli Hezbollah, Hasan Nasrallah, a un finto patibolo eretto a piazza dei Martiri.
Questo mentre i vertici istituzionali continuano a prendere tempo rispetto alla pericolosa spirale di violenza in corso nel paese: il premier Hassan Diab è intervenuto con un laconico discorso tv, lanciando ai suoi stessi alleati governativi un "ultimatum" di due mesi, evocando elezioni anticipate.
«Sono pronto ad assumere la responsabilità per i prossimi due mesi fino a che i partiti non troveranno un accordo sulla prossima fase. Lunedì proporrò al governo elezioni anticipate», ha detto Diab dal Serraglio, la sede governativa che sovrasta la zona del parlamento e Piazza dei Martiri, teatro di una vera e propria guerriglia urbana.
Oggi è prevista una videoconferenza internazionale dei donatori per Beirut, organizzata dalla Francia.