Il risultato di una ricerca dell'Università brasiliana di Campinas
RIO DE JANEIRO - Dal capodoglio alla balena artica, dalla megattera alla balenottera azzurra, sono stati individuati i responsabili che hanno fatto delle balene i maestosi giganti del mare che sono oggi: si tratta di quattro geni in particolare, che oltre a favorire dimensioni maggiori hanno anche permesso di tenere a bada gli svantaggi dovuti alla taglia così voluminosa, come l'aumentato rischio di sviluppare tumori.
A scoprirli è stato un gruppo di ricercatori guidato dall'Università brasiliana di Campinas, che ha pubblicato il risultato ottenuto sulla rivista Scientific Reports. Balene, delfini e cetacei si sono evoluti a partire da piccoli antenati terrestri circa 50 milioni di anni fa, ma alcune specie sono ora tra gli animali più grandi mai vissuti sulla Terra.
Per capire cosa ha reso possibile questo percorso evolutivo, i ricercatori coordinati da Mariana Nery hanno preso in considerazione nove geni candidati: cinque di questi sono collegati a ormoni e fattori di crescita (proteine capaci di stimolare la proliferazione cellulare), mentre gli altri quattro sono associati a dimensioni corporee maggiori negli ungulati come mucche e pecore, che sono imparentate alla lontana con le balene.
Gli autori dello studio hanno analizzato questi nove geni in ben 19 specie di balene, comprese 7 specie la cui lunghezza del corpo supera i dieci metri e che sono quindi considerate giganti: il capodoglio, la balena artica e quella grigia, la megattera, la balena franca nordpacifica, la balenottera comune e quella azzurra.
Quattro dei geni esaminati (GHSR, IGFBP7, NCAPG e PLAG1) sono risultati collegati alle dimensioni enormi di questi esemplari e sembrano funzionare anche come controllori di diversi aspetti del ciclo vitale delle cellule e come soppressori di varie tipologie di tumori.