La trattativa tra Israele e Hamas - con la mediazione di Qatar ed Egitto e la regia di Washington - è stata lunga. E ha rischiato di sfumare
GAZA/DOHA - Un cessate il fuoco e il rilascio, su più giorni, degli ostaggi nelle mani dei terroristi palestinesi. Con la mediazione del Qatar, il governo di Israele e Hamas hanno trovato l'accordo per sbloccare l'impasse che durava dallo scorso 7 ottobre.
Ripercorriamo, in sintesi, le sei pagine dell'intesa. In una prima fase - con 4 giorni di cessate il fuoco - è prevista la liberazione da una parte di 50 ostaggi e dall'altra di 150 detenuti palestinesi. In quella successiva le cifre potrebbero raddoppiare: Israele potrà rilasciare «fino a» 150 ulteriori prigionieri e Hamas potrà liberare «fino a» 50 ostaggi in più. Per ogni 10 di questi si prevede una finestra aggiuntiva di stop ai combattimenti per 24 ore.
Una trattativa complessa
Ma interessante è soprattutto la serie di passi che - con la mediazione gestita da Qatar ed Egitto e una forte “regia” degli Stati Uniti - ha consentito di arrivare a un accordo che, a un certo punto, sembrava potesse sfumare.
Da subito, il Qatar si è proposto come intermediario. I colloqui sono però entrati nel vivo solo più avanti. Una prima data cruciale è quella del 23 ottobre, quando Hamas ha liberato due donne americane; per Washington è il primo segnale positivo: il canale con Hamas funziona.
In quei giorni la Casa Bianca è in costante contatto con il premier Netanyahu. I telefoni scottano; Biden fa pressione affinché Israele posticipi l'invasione di terra a Gaza, che però prende il via il 27 ottobre. Da quel momento i colloqui entrano in una nuova fase.
Siamo ormai ai primi di novembre e il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, torna in Israele per rinnovare il pressing. Netanyahu all'inizio non ci sente, poi decide di concedere alcune «pause tattiche» sul campo. Nel mentre i colloqui proseguono, lentamente - alla Cnn, un funzionario ha equiparato ogni passo delle trattative al dover «strappare un dente» -, fino al 14 novembre.
L'accordo pare vicino, poi tutto si blocca. Hamas smette di comunicare con Doha e poi minaccia lo stop. Biden chiama l'emiro del Qatar, che il giorno dopo si incontra con il consigliere del presidente americano, Brett McGurk. La svolta arriva il 19 novembre. Israele dà luce verde. Le carte, da Doha, passano ad Hamas. È l'ultima offerta. E viene accettata.
Il riassunto dei punti chiave:
* TRE PALESTINESI PER OGNI ISRAELIANO - Israele ha detto che lo scambio avverrà in due fasi. La prima si svolgerà nei quattro giorni concordati di tregua e prevede che 50 ostaggi israeliani (almeno 10-12 al giorno) e 150 prigionieri palestinesi siano rilasciati. Se il meccanismo funzionerà, ci potrebbe essere una seconda fase - uno o più giorni di proroga della tregua - con il rilascio di altri 150 prigionieri palestinesi in cambio di altri ostaggi, "fino a 50".
* CHI VERRÀ RILASCIATO - A ritrovare la libertà saranno per primi donne e bambini israeliani, mentre tra i palestinesi verrà liberato solo chi non si è macchiato di omicidio. Secondo le stime, sarebbero 240 gli ostaggi rapiti da Hamas il 7 ottobre. Israele ha pubblicato i nomi di 300 detenuti palestinesi che potrebbero essere liberati, la stragrande maggioranza adolescenti. Di quelli sulla lista, 49 sono identificati come membri di Hamas, 60 come appartenenti a Fatah, il partito che guida l'Autorità palestinese in Cisgiordania, e 17 come affiliati al Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp).
* LA PAUSA DAI COMBATTIMENTI - Dopo varie trattative nelle quali si oscillava tra 3 e 5 giorni di pausa dei combattimenti, alla fine si è arrivati a 4. Mentre gli ostaggi saranno trasferiti, la ricognizione israeliana di Gaza tramite droni e altri mezzi verrà temporaneamente sospesa per sei ore al giorno.
* AIUTI UMANITARI e CARBURANTE - Previsto un aumento degli aiuti nella Striscia, compreso il carburante. Almeno 200-300 camion umanitari al giorno, di cui otto con carburante e gas. Anche l'Ue farà la sua parte.
* LA GUERRA NON FINISCE - I combattimenti riprenderanno dopo la fine della pausa umanitaria. L'accordo, infatti, non è un cessate il fuoco definitivo e Israele ha promesso che tornerà a dare la caccia ad Hamas finché non sarà sradicato da Gaza, con l'obiettivo di «riportare a casa tutti gli ostaggi». «Non appena avremo esaurito questa fase», le operazioni di sicurezza «proseguiranno a pieno ritmo», ha avvertito il ministro della Difesa Yoav Gallant.