Teheran scrive all'Onu rivolgendo a Tel Aviv una sorta di ultimatum: «Nostra risposta decisiva dopo il martirio del militare iraniano»
TEHERAN - «Abbiamo il diritto di rispondere a Israele». È questo il cuore del messaggio, sotto forma di lettera, inviato dall'Iran al Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, e firmato da Amir Saeed Iravani, ambasciatore di Teheran presso le Nazioni Unite.
«Nel momento opportuno che sarà ritenuto necessario - si legge nella lettera - l’Iran si riserva il diritto legittimo di rispondere con decisione» a Israele, «ai sensi del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite».
L'ipotesi di un'escalation del conflitto in Medio Oriente è dunque messo nero su bianco e nasce dall'uccisione, avvenuta il giorno di Natale vicino a Damasco, di Seyyed Razi Mousavi, generale delle Guardie rivoluzionarie iraniane, definita come «un atto terroristico» da Teheran.
«Adottare tutte le misure necessarie»
Mousavi, «alto consigliere militare» e figura chiave nell'invio di armi iraniane a Hezbollah attraverso la Siria, era stato colpito da uno dei «tre missili sparati dalle posizioni del regime israeliano sulle Alture del Golan occupate». E il suo assassinio era stato un chiaro messaggio del governo di Benjamin Netanyahu, ovvero che Teheran non può più pensare di finanziare impunemente il terrorismo anti israeliano.
Mesaggio - quest'ultimo - evidentemente non abbastanza chiaro, visto che la sorta di ultimatum dell'Iran, rilanciato dall'agenzia Irna, prosegue ancora rivendicando «il diritto intrinseco della Repubblica araba siriana, di adottare tutte le misure necessarie in risposta agli attacchi terroristici e agli atti di aggressione da parte del regime israeliano contro la sua sovranità, indipendenza e integrità territoriale».
Infine, sempre nella missiva all'Onu, l'ambasciatore di Teheran chiede espressamente al Consiglio di Sicurezza di «condannare fermamente le attività malevole del regime israeliano», che deve essere «costretto a rispettare il diritto internazionale».
«Attaccati da sette fronti, abbiamo reagito contro sei»
Il confronto a distanza tra Gerusalemme e Teheran era già stato al centro della giornata di ieri (26 dicembre), quando il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant aveva inserito l'Iran in uno dei sette fronti caldi da cui il giorno di Santo Stefano sarebbero partiti attacchi («da Gaza, Libano, Siria, Cisgiordania, Iraq, Yemen e Iran»), affermando di aver risposto «contro sei di quei fronti» e avvertendo: «Chiunque opera contro di noi rappresenta un obiettivo potenziale». Il rischio di un'escalation, specie a nord di Israele, appare sempre più concreto.
Hamas smentisce Teheran
Sempre in queste ore Teheran ha dovuto incassare la smentita di Hamas sul movente dell'attacco del 7 ottobre. Secondo i pasdaran iraniani si sarebbe trattato di una risposta all'uccisione del generale iraniano Qasem Soleimani, avvenuta a Baghdad il 3 gennaio 2020.
«Neghiamo quando riferito dal portavoce delle Guardie Rivoluzionarie riguardo l'operazione e i suoi motivi. Abbiamo sottolineato più volte i motivi, il principale dei quali è stata la minaccia alla moschea di Al-Aqsa (Spianata delle Moschee, ndr). Ogni risposta della resistenza palestinese è una reazione all'occupazione e all'aggressione al popolo palestinese e ai luoghi santi».