Nel confronto andato in scena a Washington accuse reciproche sui due fronti
WASHINGTON - Nel dibattito TV dei candidati vicepresidenti a New York sulla Cbs, Tim Walz e JD Vance hanno duellato su tutto - in particolar modo su immigrazione e politica estera - ma sempre restando nell'ambito di una contrapposizione civile ed educato, a volte persino concordando tra loro.
Nessun colpo memorabile o da K.O. in un faccia a faccia abbastanza noioso. Ma il senatore dell'Ohio con laurea a Yale è apparso più a suo agio, più fiducioso, più fluido nell'eloquio, proponendosi come una versione colta ed educata del trumpismo e riuscendo a rendere più appetibile le ricette del tycoon. Mentre il governatore del Minnesota era più impacciato, più nervoso, più preoccupato di snocciolare tutti i talking point imparati a memoria piuttosto che di incalzare l'avversario.
Per entrambi è stata un'occasione per presentarsi al grande pubblico, nonché per attaccare l'eredità di Trump e dell'attuale amministrazione Biden-Harris. Nessuno dei due ha risposto alla prima domanda, ossia se sostenessero un attacco preventivo di Israele all'Iran. Vance si è limitato a dire che "la scelta spetta a Israele e che bisogna sostenere gli alleati ovunque combattano i cattivi", ricordando che Trump ha garantito la pace. Walz invece ha denunciato che in questo momento il mondo non ha bisogno di un quasi ottantenne che parla delle dimensioni delle folle ai suoi comizi.
Tra i temi di maggiore scontro l'immigrazione e l'aborto. Il vice del tycoon ha accusato Harris per la politica dei confini aperti che favoriscono i cartelli della droga e le invasioni di milioni di immigrati illegali, come a Springfield, in Ohio, dove gli illegali mettono sotto pressione i servizi pubblici. Ma è stato corretto con un fact-checking dalle conduttrice ("signorine prevenute" per Trump), che gli hanno ricordato come gli haitiani insediati a Springfield - da lui accusati falsamente di mangiare gli animali domestici dei residenti - abbiano uno stato legale.
Walz invece lo ha accusato di "diffamare e disumanizzare i migranti". Sull'aborto Vance ha contestato ai dem di aver una posizione radicale ma ha riconosciuto che i repubblicani devono impegnarsi per guadagnarsi la fiducia degli elettori americani. «Voglio che noi come partito repubblicano siamo pro-famiglia nel senso più pieno del termine. Voglio che rendiamo più facile per le mamme permettersi di avere bambini», ha detto, ribadendo la linea di Trump (confermata con un post in tempo reale) che è contrario ad un bando nazionale e favorevole a lasciare la decisione agli stati.
Walz ha replicato dicendo che la visione democratica sull'aborto è semplice: "Siamo pro-donne. Siamo pro-libertà di fare le proprie scelte". Agli antipodi anche sulla sanità, dove però Walz non ha colto il destro per smentire e attaccare il rivale quando ha spacciato Trump per il salvatore dell'Obamacare.
Il vice di Harris è riuscito invece a metterlo in imbarazzo quando ha tentato di riscrivere la storia dell'assalto al Capitol, ma Vance ha dribblato. Quanto alla minaccia per la democrazia, ha poi ammonito il senatore dell'Ohio, "quella vera non è quella di cui parlano i democratici ma quella della censura", comprese «le grandi aziende tecnologiche che mettono a tacere i loro concittadini».
Entrambi hanno fatto un mea culpa: Vance per essersi «sbagliato» sul conto di Trump quando lo criticò, anche come possibile Hitler americano, Walz per essersi «espresso male» quando ha raccontato di essere a Hong Kong durante la rivolta di Tienanmen.
Unico momento di unità quando il governatore del Minnesota ha raccontato che suo figlio a 17 anni ha assistito ad una sparatoria e il vice del tycoon ha espresso tutta la sua solidarietà.