Leonardo Bussi, UDC
Diciamolo subito: le donne sono una risorsa enorme per il Ticino e tutta la Svizzera.
Intelligenti, colte e preparate, le donne svizzere e straniere che vivono nel nostro Cantone dimostrano ogni giorno di essere capaci di grandi cose.
Dall’azienda all’asilo nido sono innumerevoli le sfide che devono affrontare ogni giorno. Che ci riescano con regolarità testimonia, più di qualsiasi parola, la stoffa di cui sono fatte.
Tuttavia il coraggio e la buona volontà (di cui, come detto, le nostre donne certo non mancano) non sono sufficienti per sopravvivere nell’attuale mondo del lavoro ticinese. Molte, troppe donne in Ticino sono sottopagate o languiscono nelle liste di disoccupazione o dell’assistenza, senza un lavoro e senza alcuna prospettiva di trovarlo.
Non si tratta di semplici numeri o di percentuali marginali. Si parla di migliaia di persone, di parti intere della nostra società parcheggiate su di un binario morto. Ogni anno il loro numero cresce, e così l’ammontare di imposte e di ricchezza prodotta perse dal Ticino per via della loro inattività o sottoccupazione.
Durante le elezioni cantonali ho sostenuto a gran voce, da candidato UDC al Gran Consiglio, la riforma dell’URC. Lo faccio nuovamente adesso, con il cuore di chi fa politica in Ticino per passione e la chiarezza di chi vede ogni giorno, in casa propria, gli effetti nefasti della disoccupazione femminile.
Mia moglie è cittadina russa, ci siamo sposati a Lugano nel 2017. In Russia lavorava come analista IT per una grande banca d’affari. Arrivata in Ticino, in due anni ha fatto venti colloqui e inviato 340 CV su LinkedIn, per qualsiasi genere di posizione. Senza risultato. L’URC l’ha inviata a corsi di lingua o di preparazione ai colloqui, ma dopo due anni è sempre a spasso.
Mi sono confrontato con alcuni funzionari che seguono mia moglie e vi confermo che le persone con cui ho parlato sono molto preparate. Cosa allora non funziona?
Ciò che non funziona è l’intero sistema del collocamento ticinese.
L’URC parte dall’assunto che sia il disoccupato a doversi trovare un lavoro. Neanche per idea. È l’URC che deve trovare l’impiego e sottoporlo al disoccupato. Assistere nella ricerca e formare con i corsi va benissimo, ma è una strategia che dimentica un punto fondamentale: il fattore umano. Il disoccupato può essere timido, scoraggiato, sotto shock per un licenziamento improvviso, straniero e poco avvezzo alla realtà del mercato del lavoro locale, donna con bambino piccolo…le variabili sono innumerevoli.
La funzione dell’URC non deve limitarsi ad agevolare e formare. L’URC deve avere un ruolo attivo, volto a trattare direttamente con le aziende e ad assicurarsi una quota importante di posti vacanti per coloro che sono registrati sulle liste dell’URC stesso. Le aziende non possono essere lasciate libere di assumere solo operai frontalieri quando ci sono operai ticinesi in disoccupazione. La libera circolazione qui non c’entra nulla.
Tutti gli Stati, Italia compresa, hanno misure di protezione e collocamento a favore delle fasce più deboli della popolazione. Bene, le nostre donne necessitano certamente di una simile protezione speciale, trovandosi spesso tra l’incudine delle esigenze familiari ed il martello di quelle aziendali.
Così come i nostri padri hanno dovuto cambiare la propria percezione della realtà nel 1991 e capire che non può esistere un organo di rappresentanza del popolo svizzero senza rappresentanti donne, è ora nostro dovere riformare l’URC per farne un grande scudo a favore dei più deboli, un’istituzione dotata di nuovi ed ampliati poteri, di maggiori mezzi e di un unico, chiaro obiettivo: puntare alla piena occupazione di tutti i residenti abili al lavoro, in primo luogo delle donne, a cui noi tutti (padri, mariti, amanti, capiufficio, colleghi, ecc.) dobbiamo moltissimo e che dobbiamo proteggere.
Il mio auspicio è che questo sciopero delle donne non sia solo un’iniziativa passeggera, ma serva, invece, a rilanciare il tema della donna e del suo ruolo della società.
Abbiamo bisogno di donne pienamente occupate e valorizzate, libere di contribuire, con fiducia e convinzione, alla crescita della propria famiglia e della nostra società.
Abbiamo bisogno di una società più giusta ed equa, protettiva nei confronti della famiglia e delle donne, capace di creare le migliori condizioni sociali possibili per la messa al mondo di una nuova generazione di bambini a cui lasciare il frutto delle nostre fatiche.
Prendiamoci cura delle nostre donne e loro si prenderanno cura del nostro futuro.