di Morena Ferrari Gamba Consigliere Comunale PLR Lugano
LUGANO - In questi giorni, in cui imperversano manifestazioni di ogni tipo per rivendicare diritti civili, avrei voluto astenermi dall’intervenire, non perché non abbia un parere, ma piuttosto per pudore e perché so esattamente di cosa si sta parlando. Ritengo che il dibattito stia un po’ degenerando, da una parte e dall’altra, confondendo i piani della protesta, anche con una certa ipocrisia e falsità nella narrazione. Da una denuncia giusta, si è passati a qualcosa che va oltre alla difesa dei diritti civili, fino alla banalizzazione della discussione sul Moretto, su chi è più razzista oggi e ieri, senza alcuna profondità su termini e storia come fossimo dei talebani, arrivando a denunciare quasi più il passato che non le molteplici realtà di diritti negati del presente. Così facendo si annacqua il contenuto e si sposta l’attenzione dal vero problema, che esiste e che andrebbe affrontato seriamente: l’intolleranza. Il tema dell’intolleranza, di razza, di genere, di diversità fisica e di pensiero è qualcosa di tangibile, legato alla cultura, al costume, all’inciviltà e alla paura di ciò che non conosciamo. Essa si traduce in rassegnazione, rabbia, violenza, fisica e psichica, tra persone, ceti, etnie e popoli. Ferite mai sopite e che speri che una società moderna e giusta le abbia curate e rimarginate. Nell’ipocrisia e indifferenza generale chiudiamo continuamente occhi e orecchie perché crediamo che tutto succeda altrove, che no, noi non siamo come “quelli lì”. Eppure, .….
Se a scuola ti deridono e ti picchiano perché sei diversa, è una ferita.
Se chiedi un posto di lavoro e non te lo danno perché non va bene il colore della tua pelle, è una ferita
Se alla fermata del bus un uomo ti fa l’occhiolino e il segno con le dita di quanto costi, è una ferita.
Se vuoi entrare in una discoteca e ti cacciano con violenza, mentre lasciano entrare l’amica al tuo fianco, bionda con gli occhi azzurri e tutti quelli come lei, è una ferita.
Se la polizia ti ferma sempre e ti perquisisce, trattandoti come se fossi una ladra, è una ferita.
Se sei con i tuoi genitori (bianchi) e chi incontri chiede “è la vostra nuova domestica?”, è una feria.
Se mentre cammini con tua nonna (bianca) per il borgo e ti dicono “che bela negretta, ma l’è brava?” e ti scrutano con mal celata benevolenza, è una ferita
Se dici a qualcuno che sei ticinese, la tua lingua madre è l’italiano e vedi la diffidenza nei suoi occhi mentre ti parla sillabando ogni parola, sorridi, ma è una ferita.
Se sei con gli amici e improvvisamente iniziano a picchiarti e se la prendono solo con te, è una ferita.
Se nonostante tutto vuoi chiamare la polizia, perché hai la tua dignità e il tuo orgoglio, ma ti dicono che è meglio lasciar stare, perché sarebbe peggio per te, è una ferita.
Se chiedi per strada un’informazione a qualcuno e vedi che si scansa e si stringe la borsa, è una ferita.
Se ogni volta che attraversi una dogana chiedono solo a te i documenti, e di seguirli per verifica e non ai tuoi famigliari o amici (bianchi), è una ferita.
Se fai politica e dicono “l’è mia vüna da nüm”, è una ferita.
L’elenco potrebbe continuare. Niente di grave, eh! Le ferite rimangono sotto la pelle e il Karma aiuta. Ora, sommate tutto e pensate che capiti ad ognuno di noi, ogni giorno! Pensate che questo e peggio capita a persone senza famiglia, senza patria, senza nome, senza protezione perché non sono nessuno. Forse, potremmo capire meglio rabbia e frustrazione, indignarci, non solo per Floyd, per i moretti e schiavisti, ma per tutti coloro che subiscono ingiustizie e soprusi. Potremmo essere più pronti a stringere meno i pugni e ad aprire i nostri cuori, meno disposti a tollerare gli intolleranti, a guardare con sospetto chiunque sia diverso da noi e vederlo per quello che è: un essere umano!