Gioventù Socialista
La Gioventù Socialista è rimasta colpita dalla tragica morte della recluta ventunenne a Isone negli scorsi giorni. Infatti, abbiamo espresso pubblicamente la nostra rabbia verso l’istituzione dell’esercito che, con il suo totalitarismo, ha portato alla morte di ben 9 giovani negli ultimi trent’anni.
Rinnoviamo le nostre condoglianze alla famiglia e ai/alle conoscenti della vittima, che stanno affrontando un momento difficile, ma non possiamo limitarci al cordoglio di fronte a questa situazione. Non si può più stare in silenzio di fronte alla violenza dell’esercito, che sottopone continuamente i giovani maschi svizzeri a stress fisico e mentale e che non è in grado di garantirne l’incolumità. Da destra e da sinistra non c’è il coraggio di denunciare l’accaduto come un evento inaccettabile e scandaloso, non c’è la pretesa di chiarimenti legali repentini né la rivendicazione di una struttura di sicurezza che prevenga altre tragedie simili in futuro.
La vita dei giovani è più importante dal tradizionalismo svizzero. Togliamoci i paraocchi e riflettiamo sul fatto che oltre alle 9 morti per le quali l’esercito è stato legalmente tenuto responsabile negli ultimi trent’anni, si aggiungono le numerose morti accidentali (Jungfrau 2007) e i feriti – anche fra la popolazione civile – in seguito di incidenti causati da reclute. Cifre esorbitanti se pensiamo che i nostri giovani sono costretti a sottoporsi all’addestramento per combattere guerre che probabilmente non arriveranno.
L’esercito di milizia è anacronistico, costringe ogni anno migliaia di ragazzi a sottoporsi a un addestramento duro ed inutile e non è neppure in grado di garantire l’incolumità dei giovani. Per migliorare l'efficienza, i costi e la sicurezza è quindi necessario creare un esercito di professionisti e professioniste, persone che scelgono questo tipo di carriera, e non ai diciottenni che stanno pensando a cosa fare della loro vita e che – troppo facilmente – rischiano di perderla per la leva obbligatoria.
Rifiutiamo le numerose critiche di “strumentalizzazione” dell’accaduto, che ci sono arrivate dalle ali politiche più conservatrici. Queste critiche ci arrivano da forze politiche che non esigono chiarezza e che, di fatto, strumentalizzano l’accaduto in favore dell’esercito. È importante parlare delle tragedie e non stare in silenzio di fronte alla violenza perpetrata verso le giovani reclute dall’esercito. Solo parlando di ciò che non funziona si può sperare di ottenere dei chiarimenti e dei miglioramenti, questa morte sarebbe potuta essere evitata ed è necessario che in futuro non si ripetano più avvenimenti simili.