Aurelio Sargenti, candidato PS al Municipio e al Consiglio comunale di Lugano.
C’è un’aria di sofferenza che circola da più di un anno: la conosciamo e la subiamo. A rinforzarla si è ora alzato un vento attorno a temi politici che sono sì, della città di Lugano, ma che rivestono un interesse cantonale. Temi non facili. Soprattutto se vengono affrontati con scarsa trasparenza, miopia e mettendo avanti interessi particolari. Penso al Polo sportivo e degli eventi (PSE), all’aeroporto di Agno e allo spazio autogestito all’ex Macello. In Svizzera si sono costruiti stadi nuovi, ci sono aeroporti (anche privati) funzionanti e città che hanno offerto spazi a comunità autogestite per promuovere interessanti espressioni culturali alternative. Perché al di là delle Alpi si riescono a trovare delle soluzioni mentre da noi tutto diventa difficile? Che l’aria del nord sia più salubre di quella del sud?
Ciò che preoccupa è questo disseminato clima di sospetto, che vellica le trippe e obnubila le menti, mentre avremmo bisogno di equilibrio e lungimiranza. Prendiamo il PSE, un progetto che va avanti da dieci anni: è forse cresciuto in stanze segrete inaccessibili ai consiglieri comunali? I contrari erano in qualche modo impediti nell’avanzare le loro critiche per tempo? Avremo (forse) le risposte in una probabile votazione popolare. Sull’aeroporto pendono tre ricorsi grazie ai quali (forse) sapremo se la città ha veramente favorito la cordata che fa capo all’imprenditore immobiliare Artioli, come denunciato dal domenicale «Il Caffè», oppure no. Terzo, ma non ultimo tema politico finora irrisolto, è l’occupazione dei Molinari dell’ex Macello; uno dei simboli, come scrive Marco Zueblin approdato (in ottima compagnia) su un portale divenuto l’isola dei “naufraghi” (10 marzo su https://naufraghi.ch/), «della debolezza delle istituzioni luganesi, Municipio in testa. [...]. Essi non sono solo una valvola di sfogo o un ghetto giovanile, ma una risorsa culturale. La soluzione, a volerla cercare, sta tutta qui: trovare un posto (e non su Marte, a Lugano) e imparare a vivere con gli eccessi e le risorse della cultura alternativa, cioè imparare a vivere con chi non la pensa come noi».
Temi di non facile soluzione, dicevamo, che richiedono impegno, competenza e trasparenza. Togliamoci dalla testa «di poter sapere tutto senza studio, senza impegno, senza la fatica necessaria per imparare davvero» (Gianrico Carofiglio, Della gentilezza e del coraggio). Il vento della maldicenza che si è levato, l’aria grama che si respira, i toni accesi che si sono sentiti e che si sentono non aiutano. Mai come oggi dobbiamo prestare attenzione alle parole che usiamo. Chi ha delle responsabilità politiche non può permettersi di esprimersi pubblicamente come un privato cittadino, soprattutto se è un alto magistrato. Rispettiamo le «regole della convivenza civile», impariamo ad accettare il conflitto e a praticarlo «secondo regole, in una dimensione audace e non distruttiva» (Carofiglio).