Marianna Meyer, Lugano
Questa frase di Pennac mi ha sempre accompagnato e dato da pensare. Oggi, la sento una frase che riguarda o spero che sempre più sia la storia della cultura “alternativa” o che si voglia dire “autogestita di Lugano”. Di fronte alla demolizione del Molino, sono state tante le reazioni che hanno creato un fermento di idee. L’abbattimento di un simbolo ha scosso diverse generazioni appartenenti a più parti della società. Anche a chi con quel “Macello” non ha mai avuto o voluto avere a che fare, si è sentito scosso dal suo abbattimento, ma in fondo oltre che alle modalità della sua demolizione (che saranno tutte da chiarire), ciò che sento è una maggiore consapevolezza da parte di tanti che la cultura “alternativa” ha diritto ad avere uno spazio, che una città ha bisogno anche di iniziative che vengano da organizzazioni forse meno formalmente istituite, ma da cui nascono idee e progetti che arricchiscono una città o sono addirittura necessarie perché si possa parlare di città. Diciamolo, il mondo non finisce a Lugano. Se si vuole essere internazionali, si deve esserlo anche nel lasciare spazio a realtà che in ogni città europea sono la normalità. Spero quindi che questo sia un inizio per la cultura “alternativa” a Lugano, che non è fatta di atti vandalistici (che non condivido) ma di idee e di poesie, di pensieri e di dibattiti, di cene sociali, concerti, esposizioni e molto altro. Andando in bus ho sentito due ragazzi parlare tra loro. Uno ha chiesto all’altro “ma tu sai che c’è stasera ? L’altro giorno ero al poetry slam … alcune poesie spaccavano” .. “ davvero? Io stavo pensando che sarebbe bello appendere ai balconi delle nostre case dei teli con opere ispirate alle macerie....”.
Ecco, parlo di questo, di giorni dove corrono le idee, dove fa caldo e si discute e forse di un nuovo inizio, dove vi sia dialogo da entrambe le parti, dove non si neghi spazio ad alcune realtà che possono arricchire e far crescere Lugano.