Christian Fini, Presidente PLR Gravesano e candidato al Gran Consiglio
In Ticino a mio modo di vedere convivono due complessi, quello del tanto non si può fare nulla, e talvolta quello dell'inferiorità. Questi due aspetti caratteriali sono alimentati dall'idea che determinate cose e fatti succedono solo a noi.
Solo a noi perché siamo un Cantone di frontiera, solo a noi perché siamo "italofoni", solo a noi perché tanto cosa vuoi che ne capiscano oltralpe dei nostri problemi. Insomma, diciamocelo chiaro una dote innata all'autocommiserazione.
Ma questa peculiarità è dovuta solo al pensiero del singolo che poi diventa accezione comune? Non credo. Una certa politica ci ha sempre abituato ad auto etichettarci come un cantone disgraziato, senza futuro che può solo inveire contro Berna e leccarsi le ferite, perché tanto siamo nella "terra nullius" (la terra che non appartiene a nessuno).
Allora vi faccio una semplice domanda, avete mai visitato il Centro di Calcolo di Lugano, l'Istituto delle molle per l'intelligenza artificiale a Manno, oppure l'Istituto di Ricerche Biomediche di Bellinzona, il polo farmaceutico, il Centro per la mobilità sostenibile, tanto per citare alcuni esempi? Ognuno nel proprio campo vero e proprio fiore all'occhiello della ricerca e dello studio applicato ticinese. Senza poi dimenticare le start up innovative, le aziende specializzate di lunga tradizione, la filiera del legno, la rete agroalimentare o vitivinicola del nostro territorio. Simboli di quel Ticino che invece ha voglia di fare, che funziona, che ce la fa ed è riconosciuto.
Un Ticino che ce l'ha fatta, anche grazie a quei valori di determinazione, progettualità e serietà e non di certo per le commiserazioni di coloro che hanno sempre ululato alla luna, subendone poi gli influssi nei progetti irrealizzabili ma ben vicini alla pancia delle persone.
Perché una cosa va detta, i nostri cittadini sono disposti anche a fare sacrifici, e in questi ultimi anni ne hanno fatti parecchi, ma vogliono anche vedere dei risultati tangibili, come ad esempio un lavoro qualificato, una maggiore qualità di vita, meno burocrazia e una sanità non troppo onerosa. Si può fare di più e migliorare? Certo, ma con progetti realizzabili con proposte concrete. Non possiamo sempre chiedere loro di stringere la cinta e bucarsi le tasche dei pantaloni per poi ricevere una pacca sulla spalla e nulla più.
Il pessimismo inculcato negli ultimi anni, che associo al buio della notte, dovrebbe essere rischiarato anche da chi come noi fa politica.
Il prossimo aprile saremo chiamati ad esprimerci sulla classe politica che dovrà governare il Ticino per i prossimi quattro anni.
E sono sicuro che sapremo scegliere. Perché non possiamo più pensare di dipingere i ticinesi come l'asino carducciano, totalmente assente ed empatico davanti a ciò che avverrà. Perché non è così.
C'è stato un risveglio e lo si è sentito con echi chiari e distinti durante le ultime Elezioni comunali. Torniamo ad essere protagonisti, con coraggio, dedizione e progettualità.
A mio modo di vedere dovrebbe essere questo il senso dello Stato e lo zenit di chi ci rappresenta.