Michel Venturelli
Dalla triste vicenda delle molestie perpetrate per oltre un ventennio ad UNITAS possiamo dedurre che il concetto di “vittima”, in Ticino, è un concetto a geometria variabile; geometria dettata dai personaggi coinvolti nella vicenda.
In questa c’è un Consigliere di Stato, presidente del Governo quando è scoppiato il bubbone, che prima di diventare tale ha ricoperto ruoli dirigenziali in UNITAS. Poi c’è il molestatore, deus ex machina dell’associazione e membro del consiglio parrocchiale del ridente paesello del Locarnese dove risiede. Lui è quello che non si può nominare. Malgrado le denunce, la decorrenza dei termini impone un non luogo a procedere e, in assenza di condanna, le vittime sono “presunte”. Ma questo non significa che le molestie non ci siano state e che non siano state tollerate per decenni; continuare a definire “presunte” le vittime in questione, equivale a non riconoscerne il dolore infierendo su di loro una seconda volta. Bell’umanità!
Umanità e voglia di chiarezza, come quella messa in campo dai gran consiglieri socialisti, la cui firma ha brillato per l’assenza sugli atti parlamentari presentati da Marco Noi, che chiedevano spiegazioni. Atti firmati da esponenti di tutte le forze politiche in campo, tranne loro. A pensar male si commette peccato... Però qui vien da pensare che per i gran consiglieri socialisti le vittime delle molestie perpetrate per oltre un ventennio ad UNITAS siano vittime di serie B. Quelle di cui è meglio non parlare. Cancellarle se possibile. Forse proprio perché tutto questo schifo è avvenuto sotto il naso del loro ministro che, manco a farlo apposta, in vent’anni da dirigente presso UNITAS non ha mai sentito nulla.
Resta il fatto che l’audit ha confermato le criticità denunciate (di abusi e molestie non si parla, sono in prescrizione!), e il DSS ha imposto delle linee guida che la dirigenza di UNITAS è ben contenta di accettare. Eh! Te credo che sono contenti! Sul tavolo ci sono oltre 2 milioni di franchi di sussidi cantonali e la “Holding Unitas” - che a bilancio contabilizza beni per 27 milioni di franchi e dispensa ricchi stipendi ai propri dirigenti - non vuole mica lasciarseli sfuggire. Anche i ciechi vedono il denaro, o per lo meno ne sentono il profumo.
Lasciano di stucco le dichiarazioni di Mario Vicari, il presidente di UNITAS, che quando il bubbone è scoppiato minacciava i giornalisti di denunce per diffamazione. A bocce ferme scopriamo che era tutto vero e che di diffamante in quegli articoli non c’era nulla. E cosa racconta oggi il Vicari? «...non c’è mai stata una mancanza di fiducia all’interno dell’associazione... .” Questo malgrado ci siano dei membri, dei soci e dei collaboratori di UNITAS che chiedono da mesi le dimissioni di tutta la classe dirigente. Classe dirigente che oltre a non vedere non sente e tira dritto facendo finta di niente. Caro Vicari, imporre oggi la sua presenza, e quella degli altri dirigenti di UNITAS, è un ulteriore atto di violenza nei confronti delle vittime. Constatare che le stesse persone che - questo è chiarito e appurato dall’audit - hanno permesso e coperto abusi e molestie per decenni, che hanno vissuto in conflitti d'interessi permanenti, che hanno concentrato in maniera impropria tutto il potere nelle loro mani e di cui si fa fatica a fidarsi... constatare che queste persone siano le stesse chiamate dal CdS a mettere a posto le cose ricorda la storia della volpe a guardia del pollaio.
Delle povere galline, delle vittime e della loro dignità, sembra non importare nulla a nessuno.
Che vergogna!