Leandro De Angelis, Candidato al Gran Consiglio e Copresidente giovani verdi liberali Ticino.
Il 2022 è stato caratterizzato da una siccità da record e, purtroppo, l’inizio del 2023 non lascia ben sperare. L’allarme siccità è dietro l’angolo, i ricordi delle misure di razionamento d’acqua dell’estate scorsa sono ancora freschi, ma noi in giugno voteremo per via di un referendum che cerca di affossare la strategia climatica del paese. Una situazione assurda.
La Legge al voto definisce gli obbiettivi per la lotta al cambiamento climatico della Confederazione. Essa prevede l’obbiettivo di azzerare le emissioni di gas serra nette entro il 2050 e pone degli obbiettivi intermedi per edifici, trasporti e industria. Questo testo è necessario per concretizzare gli impegni internazionali presi dalla Svizzera. Nonostante i segni evidenti del cambiamento climatico e dell’urgenza di intervenire, noi ci troveremo a votare perché è stato lanciato il referendum. I referendisti si sbagliano su almeno tre punti.
Primo, essi considerano la transizione energetica un costo, quando essa è da vedere come un investimento. Ogni anno spendiamo oltre 7 miliardi di CHF per importare combustibili fossi, mentre le polveri fini generate dalla combustione di quest’ultimi causano danni alla salute che dalla Confederazione sono stati stimati a 6,5 miliardi all’anno. Con un graduale passaggio a fonti energetiche locali (sole, vento, geotermia), questi costi diminuiranno. Non lo si può fare da un giorno all’altro, ma non per nulla l’orizzonte temporale considerato è di 3 decenni.
Secondo, i referendisti sembrano essere convinti che il cambiamento climatico non ci riguardi poi più di tanto. E qui si sbagliano. Il nostro sistema agricolo è direttamente minacciato su più fronti. La siccità minaccia i raccolti e i contadini di montagna, mentre gli sbalzi di temperatura primaverili obbligano a cercare di salvare le piante da frutta accendendo candele per scaldare gli alberi durante le gelate. Se l’assenza d’acqua sta diventando un problema da noi, possiamo solo immaginarci la minaccia che rappresenti per il Sud Italia o la Spagna, dalle quali importiamo una parte considerevole degli alimenti che consumiamo. Saranno capaci di rifornirci anche in futuro? Staremo a vedere. Oltre i confini europei, sempre più paesi stanno vivendo una crisi alimentare. In un mondo profondamente globalizzato come il nostro, la crisi di questi paesi destabilizza tutto il sistema e diventa la nostra crisi, come il fenomeno dei migranti climatici dimostra.
Infine, i referendisti dicono che il resto del mondo non fa nulla e che dunque siamo giustificati a star fermi anche noi. Questo non è vero. L’UE fa ormai da anni sforzi considerevoli, mentre gli USA con l’Inflation Reduction Act hanno finalmente sbloccato numerose misure a favore della transizione energetica. In Cina si costruiscono ancora centrali a carbone, è vero, ma è anche vero che se tra 15 anni il governo decide di spegnerle da un giorno all’altro lo fa, indipendentemente dai problemi causati alla popolazione, mentre da noi – per fortuna – questo approccio non è possibile. Noi dobbiamo pianificare sul lungo termine e agire rispettando i nostri impegni internazionali, proprio come ci chiede di fare il testo sul quale voteremo in giugno.