Io l'8 ogni giorno
Alla vigilia della ripresa dell’anno scolastico, quasi fosse una tradizione della destra reazionaria, impazza la (sterile) polemica sulla nuova agenda scolastica per le scuole medie e per la quinta elementare.
La “grande Lugano” ha annunciato che non distribuirà il diario alle classi delle scuole comunali e per questo, 1 bambina/o su 3 che frequenterà la quinta elementare nel Cantone Ticino, resterà senza agenda. Come conseguenza e a causa di scelte politiche scriteriate, non potrà imparare ad usarla. Oppure, le famiglie saranno costrette a comprarla a proprie spese. Altri comuni come Mendrisio e Locarno sono stati meno liberticidi e hanno deciso di lasciare la scelta alle famiglie; altri ancora, come Castel San Pietro, la consegneranno.
Quello che emerge è la grande ignoranza su una tematica complessa e delicata come l’identità di genere. Purtroppo, gli ambienti cattolici e conservatori da anni falsano gli studi di genere chiamandoli “ideologia gender” o “teoria gender” senza mai definire esattamente a cosa ci si riferisca, quale sia la genesi di tale pensiero e quali le fonti utilizzate per la sua definizione. In verità, chiunque abbia un minimo di cultura generale, sa che la “teoria/ideologia gender” non esiste! O se esiste è solo in quanto mistificazione politica usata in ambienti bigotti e populisti, come confermano le diverse prese di posizione di questi giorni. Chi evoca la fantomatica teoria gender lo fa allo scopo di limitare l’inclusività e la libertà di scelta individuale, promuovendo in questo modo la disinformazione, la discriminazione, la violenza, i discorsi di odio e inficiando il diritto di autodeterminazione.
Eppure, come tutti gli ambiti di studio, anche i “gender studies” sono campo di indagine accademica da decenni e, nella maggior parte dei paesi - tra cui il nostro -, sono un’asse di ricerca prioritaria e interdisciplinare delle Università. Peccato che le poche voci autorevoli che si sono espresse in questa polemica non siano state in grado di sovrastare opinioni politicizzare e da osteria.
L’ignoranza dilagante e inconsapevole sulla tematica parte già dall’incapacità di definire la questione in termini corretti. Per esempio si è usato il concetto di “diversità di genere” come sinonimo di “identità di genere”, o si è detto che l’identità di genere è un fattore “scientifico” e “biologico” o ancora si è parlato di orientamento sessuale come se fosse la stessa cosa del genere… insomma una gran confusione che alimenta un dibattito che ha raggiunto i contorni dell’affare di stato e che, come probabilmente voleva chi ha posto la questione, distoglie l’attenzione dai veri problemi della scuola, che non crediamo siano due paginette di un’agenda scolastica.
Nelle due vignette (tra decine) incriminate, non vi è proprio nulla di male. In una vi è una ragazza che si pone delle domande sulla sua identità di genere (cosa peraltro normalissima: chi di noi all’arrivo del menarca non ha pensato che fosse meglio essere un maschio?) e in un’altra vi è una ragazza che vuole diventare amica di quella della vignetta precedente, che definisce “fluida”. Incredibilmente, in questi due disegnini sono stati identificati i pericoli più disparati: c’è chi ci vede una difesa del terzo sesso, chi un invito alle transizioni di genere precoci, chi crede che vi sia dietro un complotto per rendere tutti i bambini e tutte le bambine omosessuali, chi teme il rischio di smarrimento per ragazzi e ragazze che iniziano a farsi domande sul loro orientamento sessuale e c’è anche chi, per fortuna, ci vede un messaggio di apertura e tolleranza.
Crediamo che sia importante parlare di genere a scuola in modo serio, cioè con cognizione di causa e siamo certe che vi sono docenti capaci di affrontare la tematica in classe: questa agenda può rappresentare un primo strumento per aprire una discussione e permettere a bambine, bambini e adolescenti di sentirsi accolti e riconosciuti nella ricerca della loro identità. Speriamo che questa polemica serva per capire che è necessario andare oltre.
Sarebbe auspicabile intensificare l’offerta formativa e il supporto al corpo insegnante fornendo a tutti e tutte gli strumenti per affrontare in classe temi delicati e complessi come l’identità di genere. Per questo, come dimostrato dall’attuale polemica e confusione, forse due vignette non bastano e per riuscire ad accompagnare al meglio le ragazzine e i ragazzini che iniziano a porsi domande sul loro orientamento sessuale o sull’identità di genere abbiamo bisogno di una società capace di discutere apertamente e in modo costruttivo e rispettoso di questi temi, senza inutili diatribe e preoccupanti tabù e censure.