La maternità non dovrebbe portare a una discriminazione sul posto di lavoro. Ma spesso accade diversamente. Lo dice uno studio
BERNA - Durante il periodo di maternità, per sedici settimane una donna può essere licenziata. Ma visto che molti asili nido non accettano bambini di età inferiore ai sei mesi, il 71% delle dipendenti rientra al lavoro alla ventiduesima settimana. E proprio questo è un punto critico, secondo un’analisi che la Confederazione ha commissionato all’Ufficio per studi sulla politica del lavoro e sociale BASS.
Come riporta oggi la NZZ am Sonntag, nel 15% dei casi una nascita porta infatti alla disoccupazione involontaria. Di solito a causa di un licenziamento oppure per l’impossibilità di ridurre la percentuale di lavoro. Un ulteriore 4% si ritrova invece costretto a lasciare il posto di lavoro per la mancanza di posti nei preasili.
Casi nell'ombra - Sono ormai passati ventiquattro anni dall’introduzione della legge per le pari opportunità. Eppure la maternità porta ancora a discriminazioni. Lo evidenzia Pierre Derivaz, avvocato in seno all’Associazione Impiegati Svizzera: «Sono casi che spesso restano nell’ombra, perché sono poche le donne che intraprendono un’azione legale per difendersi».
Nel 2017, per esempio, le autorità competenti hanno trattato soltanto una dozzina di casi. Il problema? Anche in caso di successo, si riesce a ottenere unicamente una compensazione di massimo sei salari mensili. E le donne temono inoltre di ricevere un certificato di lavoro con una valutazione negativa.
Discriminate sin dal colloquio di lavoro - La discriminazione non si ritrova comunque soltanto in relazione alla maternità. Ma già prima dell’assunzione: sono sempre di più le aziende che nell’ambito del colloquio di lavoro si informano su eventuali progetti familiari. «Per molto tempo questo era un argomento tabù, ma le cose sono cambiate» sottolinea Claudia Kaufmann, difensore civico in seno alla Città di Zurigo. Ma anche in questo caso spesso non vale la pena fare causa: risulta infatti molto difficile dimostrare che la maternità avrebbe portato a una mancata assunzione.