Il Consigliere nazionale ha aspramente criticato le mosse della Confederazione
La situazione è ora complicata per molte persone che pensavano di essere in una zona "sicura" quando sono partiti
BERNA - L'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) ha inserito mercoledì altri 15 paesi nella lista dei paesi a rischio, che comprende ora in totale 42 Stati. Chi arriva in Svizzera da uno di questi paesi deve annunciarsi al proprio Cantone e restare in quarantena per 10 giorni.
Il fatto che 15 nuovi paesi siano stati aggiunti alla lista nel bel mezzo delle vacanze rischia però di mettere in difficoltà molte persone, che credevano di viaggiare in un paese "sicuro". Ora, nel peggiore dei casi, dovranno aggiungere dieci giorni alla propria vacanza.
Per il Consigliere nazionale (PLR) Matthias Jauslin, l'annuncio dell'aggiunta di nuovi paesi nella "black-list" della quarantena è stato «una catastrofe». «Non è accettabile che le autorità annuncino la lista il venerdì, ma la rendano pubblica solo il mercoledì», sostiene Jauslin.
Di conseguenza, nel fine settimana molti viaggiatori si sono recati in paesi che sono stati successivamente inseriti nella lista a rischio, e dovranno così restare in quarantena al loro rientro. Una decisione con conseguenze drastiche: «Molte persone saranno forzatamente assenti dal lavoro». Jauslin si sarebbe aspettato più chiarezza e trasparenza dalle autorità già venerdì.
«Molti non se lo aspettavano» - Ora si pone la questione del pagamento dei salari, ha aggiunto Jauslin. Nel caso di persone che hanno visitato un paese a rischio, è chiaro che il datore di lavoro non deve pagare loro lo stipendio durante la quarantena. Ma «le cose diventano complicate per le persone che hanno lasciato il paese prima di questo aggiornamento», ha detto Jauslin.
C'è anche il pericolo che quest'improvviso obbligo di quarantena venga aggirato, il che favorirebbe addirittura la diffusione del virus. «Molti viaggiatori non si aspettavano la quarantena e non possono permettersi di stare a casa per dieci giorni dal lavoro». Jaulin pensa anche alla grande comunità bosniaca in Svizzera che, ad esempio, va a trovare i parenti.
Invece di insistere su rigide regole di quarantena, Jauslin ha perciò proposto un tampone obbligatorio per chi torna dai paesi a rischio, «tenendo conto del periodo di incubazione, ovviamente». Se il risultato è negativo, la persona dovrebbe essere in grado di tornare al lavoro senza doversi mettere in quarantena. «Sarebbe una soluzione legittima per tutti coloro che si trovano in quarantena senza averne alcuna colpa».
In Bosnia molte visite alle famiglie - Il fatto che anche la Bosnia Erzegovina sia ora nella lista nera della Confederazione sta suscitando vivaci discussioni tra i bosniaci, ha affermato Mario Peric, Amministratore delegato del Centro d'incontri bernese Kultur Shock. «Dopo tutto, molte persone avevano in programma di visitare le loro famiglie durante le vacanze estive.» I bosniaci hanno infatti legami molto forti con i loro parenti e con il paese. «Credo che molti bosniaci accetteranno la quarantena e ci andranno comunque» ha concluso Peric.
In seguito alla decisione del Governo svizzero, l'ONG svizzero-bosniaca i-Platform ha raccomandato alle persone di origine bosniaca di rinunciare alle vacanze estive in Bosnia per quest'anno, come affermato dal CEO Nikola Buric. Tuttavia, la situazione è per molti difficile, e non solo per le persone in Svizzera che vogliono visitare le loro famiglie, ma anche per la stessa Bosnia: «Per l'economia, che dipende fortemente dal settore turistico, la decisione della Confederazione è devastante».
Occhio alla lista - Stefan Kuster, il nuovo direttore della Divisione malattie trasmissibili all’UFSP, ha giustificato ieri l'estensione della lista in conferenza stampa, affermando che il Governo federale deve adattare la lista in modo flessibile. «Non c'è sicurezza di pianificazione per i viaggiatori», ha detto Kuster, «Chiunque stia programmando una vacanza in questo periodo deve aspettarsi che qualcosa vada storto. È il virus a dettare l'andamento di queste cose». Tra due settimane, ad esempio, anche la Spagna potrebbe tornare in lista, se il numero di infezioni continuasse ad aumentare.