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SVIZZERAIl Consiglio centrale islamico: «Condanniamo l'atto, ma non si inneschi un'escalation»

25.11.20 - 08:33
Secondo l'organizzazione, la 28enne accoltellatrice della Manor di Lugano «probabilmente affetta da turbe»
Ti-Press (Pablo Gianinazzi)
Il Consiglio centrale islamico: «Condanniamo l'atto, ma non si inneschi un'escalation»
Secondo l'organizzazione, la 28enne accoltellatrice della Manor di Lugano «probabilmente affetta da turbe»

BERNA - Esprime tristezza, vicinanza alle vittime e condanna il comunicato diramato oggi dal Consiglio centrale islamico svizzero (IZRS) riguardo all'attacco di ieri pomeriggio alla Manor di Lugano.

«Condanniamo fermamente quanto successo», riporta la nota, «anche se, per capire se si tratti o meno di terrorismo legato all'ISIS, bisognerà attendere l'esito delle indagini». 

La matrice religiosa, però, non dev'essere additata come primaria: «Sia o meno musulmana, o affiliata allo Stato Islamico, non significa che non si possa trattare di una persona disturbata o con problemi mentali pregressi», all'origine del gesto violento quindi: «potrebbe non esserci un presunta motivazione terroristica quanto una malattia mentale acuta, o latente, o altri motivi come l'avidità, l'odio e la gelosia».

Al di là delle motivazioni, l'IZRS fa un appello alla ragione per affrontare una minaccia che potrebbe peggiorare, in tutta Europa: «Il barbaro piano dell'ISIS è quello di creare un clima di paura e di odio, con attacchi selvaggi e difficili, se non impossibili, da prevenire».

La conseguenza è una "stretta" sull'Islam da parte delle autorità europee che può essere controproducente: «Così ci si avvicina all'autoritarismo, deprivando di libertà fondamentali non si fa che il gioco dell'avversario: bandire il velo, vietare i minareti, non ferma la radicalizzazione ma piuttosto la promuove, permettendo all'Isis di diffondere la sua tossica dottrina».

Da qui l'appello a «spezzare l'escalation» per non cadere nella «trappola» di Daesch sia ai media sia alla politica. Ai primi è chiesto di «non cadere nel sensazionalismo virale», alla seconda di «sensibilizzare l'opinione pubblica sul fatto che la lotta contro il terrorismo non deve passare per la deprivazione dei diritti religiosi».

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