Il governo ha rimandato al 10 ottobre la decisione. I partiti e la popolazione sono spaccati
Verdi e Udc: «Ben fatto, insensato far pagare i cittadini». Ma il Plr non arretra: «La vaccinazione è la via d'uscita»
BERNA - Altre due settimane di "respiro" per i non vaccinati. Il consiglio federale ha rimandato la decisione sui test gratuiti al 10 ottobre, ma intanto la polemica e i dissidi interni allo stesso governo non si placano. Un'altra sorpresa riguarda coloro che sono stati vaccinati una volta sola: avranno diritto a test rapidi e PCR gratuiti fino alla fine di novembre.
«Siamo convinti che la vaccinazione sia la via d'uscita dalla crisi - questo sta diventando sempre più chiaro», ha affermato il ministro della Salute Alain Berset ieri in conferenza stampa, sottolineando come il ritmo delle adesioni alla campagna vaccinale è cresciuto nelle ultime settimane. La strategia dei test gratuiti sembrerebbe ormai destinata al "pensionamento".
Non sono mancate, come detto, le voci critiche. La commissione salute del Consiglio nazionale in una recente lettera ha invitato il governo a mantenere la gratuità dei test. «È ingiustificabile che il Consiglio federale ignori la volontà della Commissione» ha scritto in un comunicato stampa la consigliera nazionale Manuela Weichelt (Verdi). Il governo avrebbe «scelto di non scegliere» con una soluzione che «non è né carne né pesce».
L'UDC accoglie con favore la proroga di due settimane, si legge in un comunicato stampa. La possibilità che i test tornino a pagamento dall'11 ottobre è esecrata dai democentristi. «Non sarebbe altro che una vaccinazione obbligatoria». A sostenere la necessità di interrompere il finanziamento pubblico dei test, per ora, è solo il Partito liberale. Che si è detto «deluso della decisione del governo» di rimandare lo stop. «La vaccinazione è disponibile per tutti gratuitamente, questo è l'unico modo per combattere il virus» ha twittato il Plr.
Ma la decisione del Consiglio federale farà cambiare idea a chi non si è ancora vaccinato? «Il governo ci sta mettendo in una sorta di isolamento, che equivale a un obbligo» afferma M.J., 28 anni. Non si dichiara No Vax di principio, ha fatto «tutte le altre vaccinazioni raccomandate» racconta. «Ma non voglio fare da cavia in una ricerca su un vaccino ancora poco conosciuto. Piuttosto - conclude - rinuncerò al ristorante».
Anche P.M. non vuole sentir parlare di vaccinazione. «I rischi non mi sono chiari» dice. Casalinga, 27 anni, non ha mai fatto grande uso dei test antigenici. «Non vado spesso al ristorante e posso vedere gli amici a casa mia, piuttosto». Il problema di pagare per gli esami si porrebbe, semmai, per la figlia piccola. «Se dovesse partecipare ad attività scolastiche come gite o visite allo zoo, per cui è necessario il certificato».
I.K. invece non può nemmeno scegliere. Appartiene a una fascia della popolazione «continuamente dimenticata dal Consiglio federale». La 23enne ha una malattia auto-immune e non può essere vaccinata. Tutte le vaccinazioni fatte in passato le sono costate una settimana di degenza in ospedale. Dall'11 ottobre, se il governo introdurrà i test a pagamento, K. dovrà rinunciare a frequentare la palestra. «Gli allenamenti regolari diventerebbero troppo costosi per me». Ma la giovane non esclude di proteggersi con un vaccino non mRNA in futuro. Il governo ha annunciato che i negoziati per una fornitura sono a buon punto.