Il cittadino olandese che lo scorso anno fu fermato a un valico sciaffusano dovrà rimanere in carcere.
BELLINZONA - Il Tribunale penale federale (TPF) ha confermato la proroga della detenzione preventiva di un cittadino olandese, entrato in Svizzera con due chili di esplosivo e vari oggetti sospetti. Il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ritiene che stesse pianificando un attacco al bancomat.
L'uomo è stato arrestato il 3 novembre 2021 a un valico doganale nel cantone di Sciaffusa. Oltre agli esplosivi, i doganieri hanno trovato nella sua auto un detonatore telecomandato, un piede di porco, una tanica piena di benzina, profili metallici e diverse serie di targhe tedesche. Il MPC ha aperto un'indagine per tentato uso di esplosivi con intento criminale e violazione della legge sul materiale bellico e la giustizia bernese ha ordinato una detenzione preventiva di tre mesi, poi prolungata fino all'inizio di maggio 2022.
In una sentenza pubblicata lunedì, il Tribunale penale federale ha respinto il ricorso del sospetto che contestava sia i reati che il rischio di fuga e la proporzionalità della detenzione. Secondo la Corte d'appello, l'esplosivo - PEP 500 proveniente dalle scorte dell'ex esercito jugoslavo - e oggetti simili a quelli sequestrati erano già stati utilizzati in attacchi a bancomat in Svizzera, in particolare alla fine di ottobre 2021.
Inoltre, l'auto utilizzata dal ricorrente era stata segnalata come rubata nei Paesi Bassi. L'uomo l'ha presumibilmente prelevata da un garage affittato in Olanda da una persona sospettata di numerosi reati. L'MPC ha anche stabilito che i due uomini hanno soggiornato in un Airbnb in Svizzera a metà settembre 2021, periodo in cui diversi bancomat sono stati fatti saltare in aria. L'inchiesta ha rilevato pure che il sospettato aveva prenotato un appartamento nel cantone di Vaud per l'inizio di novembre.
Per la Corte dei reclami, le prove raccolte dagli investigatori, il rischio di fuga e la gravità dei reati giustificano la proroga della detenzione preventiva. Altre misure, come il deposito di documenti d'identità o la sorveglianza elettronica, non avrebbero impedito al ricorrente di lasciare la Svizzera.