La Confederazione ha individuato tre siti nel massiccio del Jura. Ma restano molti dubbi
Secondo Greenpeace «la Svizzera sta correndo troppo» e c'entra anche il panico innescato dalla guerra in Ucraina
SAINT-URSANNE (JU) - In tempo di preoccupazioni atomiche, nei paesi nuclearizzati tornano a galla vecchi dilemmi più o meno irrisolti. Uno di questi è cosa fare delle scorie radioattive, ossia dove metterle al riparo dalle critiche ambientaliste e da eventuali e mai abbastanza improbabili bombe nemiche.
Gli scontri a Chernobyl nelle prime fasi della guerra ha colpito un nervo scoperto non solo in Ucraina: i rischi non solo ecologici dello stoccaggio superficiale delle scorie. E riportato i riflettori su un progetto portato avanti da tempo dalla Svizzera, ora a una svolta forse decisiva.
La Confederazione ha individuato da tempo tre siti papabili per seppellire in profondità nel sottosuolo i rifiuti delle centrali nucleari elvetiche, e tutti si trovano a ridosso del massiccio del Giura. Tra qui e il 2030, secondo l'AFP, Berna potrebbe iniziare effettivamente lo stoccaggio a una profondità di circa 300 metri sotto terra.
Perché il Giura? Il motivo ha a che vedere con la composizione del sottosuolo, che deve presentare caratteristiche argillose particolari. Nella fascia della Svizzera nord-orientale vicino al confine tedesco i requisiti relativi allo spessore e alla profondità dell'argilla sono meglio soddisfatti, secondo gli esperti. A oggi sono stati scavati tre laboratori sotterranei, dove i geologi stanno valutando la fattibilità del deposito.
La scelta ricadrà su uno dei tre siti, chiamati Jura-East, North of the Lägern e Zurich North-East. A settembre le società che gestiscono gli impianti nucleari elvetici esprimeranno la loro preferenza, e la proposta verrà presentata al Consiglio federale che si esprimerà probabilmente nel 2029, con un voto alle Camere nel 2030. Non è escluso anzi è molto probabile che sulla questione sarà chiamato ad esprimersi il popolo, se gli oppositori raccoglieranno le firme necessarie a un referendum (50mila).
Il laboratorio internazionale di Mont Terri vicino a Saint-Ursanne è formato da 1,2 km di gallerie scavate nella roccia ed è stato sottoposto negli anni a diverse simulazioni di stoccaggio per un totale di oltre 170 esperimenti, ha spiegato all'AFP il direttore Christophe Nussbaum. «Ci vogliono circa 200.000 anni ovvero circa 8.000 generazioni di esseri umani perché la radioattività dei rifiuti più tossici torni al suo livello naturale» e i ricercatori puntano a realizzare un deposito capace di durare fino a 1 milione di anni. «I risultati delle ricerche finora sono positivi».
Per Greenpeace invece la Svizzera si sta muovendo troppo velocemente. «Ci sono una miriade di questioni tecniche irrisolte: ovvero garantire che il sistema non porti a rilasci di radioattività, sia tra 100, 1.000 o 100.000 anni» ha dichiarato all'AFP Florian Kasser, responsabile delle questioni nucleari dell'Ong. «Cercando siti senza aver risolto tutti gli interrogativi, si mette il carro davanti ai buoi».
In Svizzera i rifiuti radioattivi sono prodotti da oltre 50 anni nelle centrali elettriche, e sono gestiti dalla Società Cooperativa Nazionale per lo Stoccaggio dei Rifiuti Radioattivi (Nagra), fondata nel 1972 dai gestori delle centrali nucleari e dalla Confederazione. Per ora si trovano in un "deposito intermedio" a Würenlingen, a circa 15 km dalla Germania. Pochissimi paesi sono in fase avanzata di smaltimento geologico profondo. Solo la Finlandia ha costruito un sito in granito, e la Svezia ha dato il via libera a fine gennaio all'interramento dei rifiuti, sempre in granito.
In seguito all'incidente nucleare alla centrale di Fukushima, la Svizzera ha deciso di eliminare l'energia nucleare, ma gradualmente: i quattro reattori attivi possono continuare a essere utilizzati purché le centrali siano sicure. I lavori di sepoltura dei rifiuti dovrebbero iniziare intorno al 2060.