Il professor Markus Krienke: «Si cercano ancora relazioni, ma si fa fatica a optare per progetti di vita a lungo termine»
BERNA - Sì, lo voglio? In realtà gli svizzeri lo vogliono sempre meno: mentre in passato la forma predominante di convivenza era il matrimonio, ci si sta ora sposando sempre di meno, tanto che in futuro le coppie - indipendentemente dal sesso o da altri fattori - potrebbero optare per nuove forme di unione.
Ad esempio, ciò che viene chiamato un patto civile di solidarietà, che è già in vigore in Francia (pacte civil de solidarité - Pacs) e di cui si discute anche sotto la cupola della Berna federale.
I Consiglio federale ha infatti ammesso in un rapporto di quest’anno che un Pacs adeguato alla Svizzera potrebbe rappresentare in futuro una possibile alternativa al matrimonio e al concubinato.
Perché non "lo" vogliamo più?
Il trend è chiaro, lo hanno confermato anche i dati pubblicati dall'Ufficio federale di statistica, ma perché ci si sposa sempre di meno? Lo abbiamo chiesto a Markus Krienke, filosofo e professore della Facoltà di Teologia affiliata all'USI.
«Ovviamente i motivi sono molteplici. Viviamo in una società che ha come principale tendenza un’individualizzazione sempre più forte. Inoltre, le dinamiche sociali richiedono alle persone sempre più flessibilità nei propri progetti di vita» ha spiegato Krienke, aggiungendo che «siamo in una cultura in cui si fa fatica a optare per progetti di vita a lungo termine. Non è quindi in crisi solo il matrimonio in sé, ma tutte le forme che vengono percepite come decisioni "definitive"».
Eppure abbiamo detto sì al matrimonio per tutti. Perché ci vogliono ancora i Pacs? «Credo sia un’espressione di come si vive la vita in una società moderna, flessibile, che ha cambiato stile di vita negli ultimi decenni: si cercano relazioni stabili ma meno istituzionalizzate in senso tradizionale». Però le relazioni si cercano. «Il fatto che ci sono meno matrimoni non significa che le persone non siano in ricerca di relazioni, anche di relazioni stabili. L’idea di fidanzarsi e di passare una vita stabile con un'altra persona, d'altronde, fa parte della nostra umanità», ha affermato l'esperto.
«Ci si allontana dai format tradizionali»
Questo nonostante matrimoni, viaggi di nozze, e cerimonie fossero entrate un po' nella nostra tradizione, al di là della religiosità. «Si perché c'è proprio un distanziamento generale dai format tradizionali. Ci sono sempre più matrimoni con forme alternative, magari si firma in comune e poi si fa una cerimonia al mare o in altri posti particolari. Detto ciò, il matrimonio tradizionale non scomparirà, ma dovrà “concorrere” con molte forme alternative e più “fluide”».
La questione, oltre a seguire le dinamiche sociali, è principalmente giuridica: anche il Consiglio federale ha chiarito che in molti ambiti di vita, infatti, i diritti e i doveri all'interno del concubinato non sono attualmente disciplinati dalla legge. Una nuova forma giuridica per le relazioni di coppia potrebbe quindi disciplinare ad esempio il mantenimento reciproco e la protezione dell'abitazione comune.
«Bisogna definirne gli effetti»
In tal senso, alcuni Cantoni romandi (Ginevra e Neuchâtel) hanno introdotto qualcosa di simile a livello cantonale. «A Neuchâtel, come a Ginevra, esistono delle forme di unione che hanno però degli effetti limitati al diritto cantonale (ad esempio, le aliquote fiscali). È in questo senso che a Neuchâtel le persone non sposate possono desiderare di stipulare un patto di questo tipo. Lo fanno soprattutto per motivi fiscali, in caso di decesso» ci ha spiegato la professoressa di diritto civile all'Università di Neuchâtel, Sabrina Burgat.
Ma qual è il nocciolo della questione, a livello federale? «È quello di capire esattamente quali effetti giuridici attribuirgli. L'unione civile può ad esempio facilitare l'instaurazione di un legame di filiazione, dare diritto a una rendita vedovile, ecc. Per il momento, il progetto proposto dal Consiglio federale garantisce però solo effetti limitati (ad esempio, che non hanno un impatto sull'aliquota fiscale cantonale)», ha spiegato Burgat. La palla è ora al Parlamento, «che nella legge che sarà votata dovrà definire gli effetti di un eventuale Pacs nei diversi settori giuridici».