Un'annata record per l'afflusso di stranieri e una crisi nera per il personale qualificato. Autonomiesuisse: «È un paradosso, com'è possibile?»
BERNA - Se un'azienda svizzera assume un dipendente straniero, quest'ultima dovrebbe pagare una tassa. È questa la proposta, non priva di criticità, suggerita dall'imprenditore Hans-Jörg Bertschi - anche co-presidente di Autonomiesuisse - in un'intervista recente alla NZZ.
Il problema, secondo lui, sta tutto nell'accordo quadro e nella libera circolazione delle persone: «È controproducente e aiuta solo le grande aziende che pensano al breve termine, noi vogliamo che l'imprenditoria sia svizzera e guardi al lungo termine e possa diventare generazionale. In questo senso il modello europeo mette a repentaglio il modo di funzionare che ha il sistema svizzero».
E poi c'è il paradosso della migrazione: «Nel 2022 in Svizzera sono arrivate 200'000 persone - praticamente la popolazione di Basilea Città - fra queste ci sono anche i richiedenti l'asilo e i rifugiati ucraini. Eppure il personale qualificato scarseggia e ci troviamo in una situazione grave come non si vedeva da 20 anni a questa parte, com'è possibile? È un sistema che non funziona».
Da qui la proposta di un balzello sulle aziende all'assunzione di personale non svizzero, con una tassa che venga poi reimpiegata per lo sviluppo del Paese. Ovviamente la proposta di Autonomiesuisse si scontra con la costituzione svizzera e con l'accordo di libera circolazione.
Ma questo non preoccupa Bertschi: «È chiaro che questa nostra proposta è una piccola "bomba" dal punto di vista politico e istituzionale, ma è anche vero che ci vuole uno scossone. La Svizzera deve cambiare rotta per quanto riguarda l'immigrazione, porvi un freno e incanalarla in maniera costruttiva».
Se ne parlava già nel 2014
Non è la prima volta che si parla di una "tassa sull’immigrazione", come riporta sempre il quotidiano zurighese in un articolo successivo. A proporla nel lontano 2014, in concomitanza con il «sì» del popolo di quel fatidico 9 febbraio all'Iniziativa “Contro l'immigrazione di massa”, era stato il think tank Avenir Suisse.
Diverse le modalità ipotizzate: si andava dalla quota una tantum annuale per le aziende, al versamento singolo (nell'ordine delle migliaia di franchi) per ogni dipendente impiegato.
Dal punto di vista pratico - spiegavano gli esperti - un sistema di questo tipo sarebbe stato preferibile ai contingenti perché non sarebbe entrato nel merito della ridistribuzione di questi ultimi nei vari settori avrebbe fatto da tampone in maniera automatica, disincentivando le aziende ad assumere e limitando l'affluenza di personale straniero per i lavori meno qualificati. Il gettito ulteriore generato dalla tassa avrebbe potuto - siamo sempre nel campo delle ipotesi - anche ridurre la pressione fiscale a livello nazionale.
Fra gli aspetti critici, invece, mossi dagli economisti c'era la possibilità che i datori si rifacessero sui neoassunti stranieri accollandogli il balzello, direttamente o attraverso tagli sul salario.
La questione si era poi arenata in seguito alla assai controversa decisione del Parlamento di non applicare l'Iniziativa, preferendone una versione fortemente edulcorata.