L'OMS puntualizza: «Pericolo basso per l'uomo».
BERNA - Dall'ottobre del 2021 a oggi sono morti in tutto il mondo più di 200 milioni di uccelli, 48 milioni solo in Europa.
In Svizzera, il virus dell'influenza aviaria (l'H5N1) è stato finora rilevato solo sporadicamente negli uccelli selvatici. Il primo caso nell'autunno del 2021 ha riguardato un'azienda avicola per hobby nella regione di Zurigo. Poi un airone cenerino nello zoo di Berna, un pavone nel cantone di Zurigo, un cigno in Ticino e diversi gabbiani reali e mediterranei nei cantoni di Sciaffusa, Lucerna, Zurigo e Basilea.
È recente la notizia del ritrovamento nel recinto dei fenicotteri dello zoo di Basilea di un airone grigio morto. Ma nessun fenicottero era presente nel recinto perché tutti gli animali sono sottoposti a quarantena, questo per evitare il contatto con gli uccelli selvatici.
«Rispetto ad altri Paesi europei, attualmente la circolazione dell'H5N1 in Svizzera è ancora minore», afferma alla NZZ am Sonntag Barbara Wieland, dell'Istituto di virologia e immunologia (IVI) di Berna. Secondo l'esperta, ciò è probabilmente dovuto al fatto che «il virus si diffonde soprattutto negli uccelli acquatici delle zone costiere e che le acque svizzere sono utilizzate dagli uccelli migratori solo come luogo di sosta per un breve periodo».
Ma quello che accade nella vicina Europa è qualcosa che impensierisce e non poco. È la stessa virologa a confermarlo. «Attualmente stiamo vivendo un'epidemia di virus H5N1 in Europa che non ha precedenti. Due cose in particolare sono cambiate: in precedenza, i focolai si verificavano sempre durante la stagione della migrazione degli uccelli. Dal 2021 invece il virus persiste per tutta l'estate e i casi non si fermano affatto» spiega Wieland.
Il passaggio verso i mammiferi
Ma c'è dell'altro: dove il virus circola, sta colpendo (e lo sta facendo con maggiore frequenza) anche i mammiferi. Come riportato dal domenicale, «il caso dei 50'000 visoni abbattuti dalle autorità sanitarie spagnole lo scorso anno in un allevamento di animali da pelliccia» é un monito preoccupante. Seppur vi sia ancora incertezza nello stabilire se il virus sia stato davvero trasmesso da un animale all'altro o se invece il contagio non sia avvenuto attraverso il mangime contaminato, è la sempre più capacità dell'H5N1 di infettare delle specie mammifere a destare allarme.
Nei Paesi Bassi, ad esempio, «il virus è stato trovato in lontre, tassi e volpi. In Francia, un gatto è stato recentemente infettato e negli Stati Uniti il virus è già stato trovato in una dozzina di specie di mammiferi, tra cui procioni, foche e orsi grizzly». A gennaio, poi, «le autorità della fauna selvatica hanno riferito che tre cuccioli disorientati e parzialmente accecati sono stati sottoposti a eutanasia nel Montana a novembre. Molto probabilmente avevano contratto il virus mangiando uccelli malati».
«Per loro è una festa quando ci sono così tanti uccelli morti in giro» argomenta la direttrice dell'IVI, spiegando il numero sempre maggiore di mammiferi infettati legato proprio alla portata epidemica del contagio ma anche a una mutazione del virus che si è osservato «si moltiplica meglio nei tessuti dei mammiferi» aggiunge il suo collaboratore Gert Zimmer.
Quali rischi per l'uomo?
Mammiferi, dunque. Quali i rischi e di che entità per l'uomo? L'OMS, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, ha classificato il rischio come basso, adducendo la motivazione che, finora, tutti i casi rilevati hanno dimostrato che coloro che avevano contratto il virus avevano avuto un contatto ravvicinato con animali morti.
I numeri dicono che dal 2003 il virus dell'influenza aviaria è stato rilevato in 868 persone in 21 Paesi: di queste, ne sono morte 457. Un dato che porta l'OMS a stimare che il tasso di mortalità - per chi dovesse contrarre l'H5N1- sia superiore al 50%.