Dall'inizio della guerra il sostegno è calato ed è sfociato anche in una certa ostilità. E il sentimento è diffuso a livello nazionale.
ZURIGO - Gli svizzeri da tradizione sono un popolo solidale e l'emergenza umanitaria legata alla guerra in Ucraina non ha fatto eccezione, con una grande mobilitazione (anche dal Ticino) che si è tradotta in ospitalità, raccolte di beni e di fondi. Dopo quasi un anno e mezzo di conflitto, questa generosità trasversale sembra essersi però esaurita.
Come riportato dalla SonntagsZeitung il “rubinetto” delle donazioni si sarebbe via via inaridito e - a oggi - si sarebbe ormai quasi azzerato. Un problema, soprattutto per le associazioni d'aiuto piccole e medio piccole che devono forzatamente alzare bandiera bianca e cessare le attività. Stando al domenicale, sarebbero diverse le realtà attive perlopiù su base volontaria fra Confederazione e Ucraina che hanno dovuto congelare i loro interventi benefici.
Da migliaia di franchi a zero
«Nei primi 3 mesi della guerra abbiamo raccolto circa 65'000 franchi», conferma sempre alla SonntagsZeitung Tetyana Polt-Lutsenko dell'associazione Ucraini a Basilea, «negli ultimi 3 mesi, invece, circa 3'000 franchi. È comprensibile, per l'Ucraina del bene è già stato fatto, e nel mondo - purtroppo - le tragedie non mancano. Se continueremo? Ancora non lo sappiamo, vedremo».
Il calo di generosità, confermano le associazioni, non riguarda solamente i versamenti di contante. A quanto pare gli svizzeri parrebbero generalmente meno motivati a donare generi di prima necessità per l'invio in Ucraina. Questo malgrado le campagne di questo tipo per i rifugiati già presenti sul suolo svizzero mantengano comunque un sostegno buono. A sostenere l'invio di beni in patria sono soprattutto gli ucraini espatriati.
Una diffusa e strisciante ostilità
Se da un lato cala la simpatia, dall'altra aumenta - e in maniera strisciante - una certa antipatia. Sopratutto nei confronti dei già pluricitati "macchinoni" targati Ucriana ma anche nei confronti degli uomini giovani (e in età militare). Ad aver inasprito i sentimenti c'è probabilmente anche la storia degli sfratti collettivi di cittadini svizzeri, per lasciare posto ai rifugiati.
«Capita sempre più spesso che ci chiedano: "perché non tornano in patria"?», commenta Marc Lindt dell'Associazione ucraina in Svizzera, «la gente è stanca e la guerra è un argomento logorante, di fronte ai crimini dell'esercito russo di solito ci sentiamo dire: "La guerra si fa in due, di solito" o “Dovreste fare la pace”».
C'è chi alle parole poi fa seguito con i fatti, è il caso dell'associazione Good Friends for Ukraine che si è trovata nella cassetta della posta un sacchetto pieno di escrementi di cane. Una beffa, questa, che fa paio con l'afflusso pari a zero di donazioni e un futuro ormai davvero incerto.