La Seco è molto indietro con i controlli (che sono tantissimi) e nel 2025 scatterà la prescrizione. A Berna c'è chi si preoccupa.
BERNA - Più di 16 miliardi: è questo l'ammontare che la Confederazione ha erogato durante il periodo più caldo della pandemia per venire in soccorso delle aziende svizzere, molte delle quali in gravi difficoltà.
Una reazione rapida per una situazione eccezionale che ha permesso sì di tamponare in maniera efficace una crisi straordinaria ma ha anche ingolosito parecchi furbetti che hanno pensato bene di approfittarne, in modi anche abbastanza creativi.
Un controllo lungo e difficoltoso
Tre anni (quasi quattro) dopo, la Segreteria di Stato dell'economia (Seco) è ancora al lavoro per tentare di rintracciare gli illeciti ma - come rivela un reportage del gruppo Tamedia - difficilmente riuscirà a evitare che un numero (sconosciuto ma probabilmente non trascurabile) di truffatori riesca a farla franca.
Il motivo principale è che i controlli da effettuare sono tantissimi: se in tempi normali la Seco svolge dai 50 ai 150 controlli l'anno, per il periodo Covid si parla di circa 5'000 (divisi più o meno equamente fra denunce e controlli a campione).
In secondo luogo gli aiuti sono stati concessi con procedure molto semplificate fondamentalmente "fidandosi" delle aziende, che potevano dichiarare in maniera sommaria (e con relativa libertà per quanto riguarda i settori e i dipendenti interessati) l'ammontare necessario per coprire i buchi.
In corsa contro... la prescrizione
Terzo motivo è che dopo 5 anni dall'erogazione, subentra la prescrizione. Nei confronti di chi ha fatto richiesta durante la prima ondata, quindi, a partire dal 2025 la Confederazione non potrà più avanzare alcun tipo di pretesa.
Una corsa contro il tempo che verrà quasi certamente persa, come già si presumeva in passato e come confermato da voci interne alla stessa Segreteria. E questo malgrado la Confederazione, per effettuare questi controlli, si sia appoggiata a due società fiduciarie esterne.
Con una di queste, però, Berna ha troncato i legami lo scorso autunno per motivi legati alla «sua qualità del lavoro», si legge in un rapporto datato gennaio 2023 del Controllo parlamentare dell'amministrazione (Cpa).
Un metodo che non fa l'unanimità
A generare altra preoccupazione in quel di Berna è l'approccio adottato che è quello del triage estremo: dopo una prima valutazione dell'incarto si decide se procedere oppure no (senza nemmeno richiedere i documenti all'azienda) in base alla «credibilità della denuncia». In seguito si valuta «se l'eventuale importo del rimborso giustifichi lo sforzo». Se così è, si va avanti se no si lascia decadere e il caso è considerato comunque come “controllato”.
Questo metodo permette effettivamente di velocizzare il processo, ma è stato molto criticato tanto dal Cpa quanto da diverse Commissioni parlamentari e da singoli consiglieri agli Stati e al Nazionale.
Malgrado il disappunto diffuso, la Seco è fiduciosa di riuscire a portare a termine «da 4'500 a 6'000 pratiche» entro il termine ultimo del 2025.